Vasto. Il procuratore della Repubblica di Vasto, Giampiero Di Florio, ha chiesto il rinvio a giudizio di due persone per il suicidio nel carcere di Vasto dello psichiatrica all’epoca dirigente medico dell’Asl di Pescara, Sabatino Trotta, avvenuto il 7 aprile del 2021 poche ore dopo che questi era stato arrestato nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Pescara su una gara da oltre 11 milioni di euro indetta dalla Asl per l’affidamento della gestione di residenze psichiatriche extraospedaliere.
Si tratta del direttore del carcere di Vasto e coordinatore dello staff multidisciplinare di accoglienza e sostegno, Giuseppina Ruggero, e dell’assistente capo coordinatore in servizio presso la Polizia Penitenziaria e addetto alla sorveglianza dei detenuti, A.C.
Ad entrambi viene contestato nella richiesta di rinvio a giudizio, l’omicidio colposo e la violazione dell’articolo 40 del codice penale “cagionava o comunque non impediva il decesso di Sabatino Trotta” e di norme in materia di prevenzione di suicidi oltre che di sorveglianza dei detenuti nella sezione in cui si trovava Trotta, il quale si impiccò con il lacciò dei pantaloni della tuta legandolo al gancio di apertura della finestra.
Ai ciascuno degli imputati vengono contestate sia colpa generica consistita in negligenza, imprudenza
e imperizia, sia la colpa specifica consistita nella violazione delle norme che disciplinano l’accoglienza e il
sostegno dei detenuti negli istituti penitenziari nel caso della Ruggero, e per A.C. nella violazione delle
norme che disciplinano le mansioni degli addetti alla sorveglianza dei detenuti e l’accoglienza e sostegno ai
detenuti nuovi giunti negli istituti penitenziari.
Il gup Fabrizio Pasquale ha fissato l’udienza preliminare per il 15 giugno. La Ruggero, difesa dagli avvocati Massimo Solari e Cristiano Bertoncini, secondo l’accusa, impedì l’iter di prima accoglienza di Trotta richiedendo dopo la prima visita di medicina per generale, un colloquio immediato del detenuto presso di sè, inducendo Trotta a chiedere il differimento del colloquio psicologico che rappresenta la seconda e cruciale fase dell’iter di prima accoglienza, procedura finalizzata a individuare fattori di rischio suicidiario e che avrebbe potuto far emergere segnali di disagio e sofferenza dello psichiatra tenuto conto del rilevante clamore mediatico della notizia dell’arresto dell’allora dirigente medico che in cella aveva il televisore, dell’approssimarsi dell’interrogatorio di garanzia, del fatto che per Trotta era la prima esperienza in carcere e in isolamento per via delle disposizioni Covid. Sempre secondo l’accusa, la Ruggero omise di accertarsi che Trotta, nuovo giunto, avesse completato il previsto percorso di accoglienza e sostegno, interrompendo l’espletamento del preliminare colloquio con lo psicologo del carcere, presente in quel momento, che si sarebbe dovuto svolgere nel più breve tempo possibile, impedendo pertanto il ritiro di oggetti pericolosi nel disponibilità di Trotta, tra cui il laccio usato per suicidarsi, e la perquisizione di Trotta e la sua sottoposizione al regime di grande sorveglianza o di sorveglianza a vista, tenuto conto anche del fatto che prima di suicidarsi aveva assunto cocaina nella propria cella, violando circolari, ordini di servizio e piani di prevenzione delle condotte suicidiarie. Quanto a A.C., difeso dall’avvocato Maria Concetta Berardinucci, secondo l’accusa nonostante fosse stato adibito alla sorveglianza dei detenuti della sezione in cui si trovava Trotta, dalle 20.43 alle 23.34, lo psichiatra si impiccò fra le 20.35 e le 23.30, ometteva di fare ingresso nella sezione dove si trovava la cella di Trotta, e ometteva di provvedere attentamente alla sorveglianza di Trotta, attività facilmente esperibile anche mediante lo spioncino sulla porta della cella.