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Primo sciopero ad Amazon: ritmi folli e poche tutele

Francesca Lelli di Francesca Lelli
22 Marzo 2021
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Roma. “Siamo umani, non robot”, questo lo slogan degli scioperanti. Da Milano a Genova, da Padova a
Torino, per la prima volta si sono fermati gli addetti di Amazon, portando fuori dai cancelli degli stabilimenti le rivendicazioni contro il colosso del commercio elettronico, e invitando i consumatori a sposare la protesta con uno stop agli acquisti per 24 ore.

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Uno sciopero con un’adesione media del 75%, dicono i sindacati, limitata, invece, secondo l’azienda al solo 20% per i servizi di consegna e inferiore al 10% in Amazon. Ad ogni modo era una mobilitazione inedita e ai lavoratori italiani sono arrivati messaggi di solidarietà dall’estero, anche dall’Inghilterra e
dagli Stati Uniti, altri fronti aperti per la compagnia di Jeff Bezos.

“Fratelli e sorelle italiani, buona fortuna per il vostro sciopero nazionale. Questa è una lotta globale, una lotta di giustizia e siamo dalla vostra parte”, il messaggio che in un video di Jennifer Bates, sindacalista dell’Alabama che nei giorni scorsi davanti alla Commissione bilancio del Senato americano ha raccontato le “estenuanti” condizioni di lavoro nel suo stabilimento Amazon.

In Italia ci sono oltre 40 siti e altri due sorgeranno nel 2021, come ha annunciato a gennaio la multinazionale promettendo “1.100 posti di lavoro a tempo indeterminato entro tre anni che si andranno ad aggiungere agli 8.500 già creati” solo nel nostro Paese. E in questa giornata di sciopero Amazon a sua volta si è rivolta ai clienti, assicurando in una lettera di mettere “al primo posto i nostri  dipendenti e quelli dei fornitori terzi offrendo loro un ambiente di lavoro sicuro, moderno e inclusivo, con salari competitivi tra i più alti del settore, benefit e ottime opportunità di crescita
professionale”, ha scritto la country manager Mariangela Marseglia.

Ma la pensano in maniera decisamente diversa i 30-40mila addetti degli hub e di quelli alle consegne, ossia i driver, in pratica l’ultimo miglio del servizio a domicilio, sempre più utilizzato con i lockdown anti-Covid. “Facciamo in media 150 fermate al giorno, consegnando 170 pacchi in un tempo effettivo di sette ore e mezza. Tempi inaccettabili, regolati da un algoritmo, che ci costringono a mettere a repentaglio la nostra vita perché non ci permettono di rispettare il codice della strada”, raccontavano in mattinata i corrieri della sede di Brandizzo, nel Torinese.

Qualche lavoratore interinale ha superato la paura, altri no. Ma fatto sta che dalle 7 una parte (larga o meno, secondo le versioni) della filiera italiana di Amazon è stata bloccata dalla mobilitazione proclamata dieci giorni fa da Filt Cgil, Fit Cisl, e Uiltrasporti per “l’indisponibilità” di Assotrasporti di affrontare i temi posti dai sindacati nella trattativa per la contrattazione di secondo livello. Nelle rivendicazioni anche richieste come: la verifica dei carichi, dei ritmi e dei turni di lavoro, il corretto inquadramento del personale, la riduzione dell’orario di lavoro dei driver, i buoni pasto, un adeguato importo dell’indennità di trasferta, la clausola sociale e continuità occupazionale in caso di cambio appalto o cambio fornitore, per tutti, una indennità Covid, danni e franchigie, stabilizzazione di tempi determinati e lavoratori interinali.

Una protesta che sta trovando sponda e sostegno anche nei partiti. “È il primo caso al mondo in cui l’intera filiera, dai magazzini ai corrieri, aderisce alla mobilitazione”, ha sottolineato il vicesegretario del Pd, Peppe Provenzano, assicurando che il suo partito “è pronto a incontrarli per ascoltarne le ragioni e difendere   diritti del lavoro nell’era dell’algoritmo”. Sulla stessa linea anche Rossella Accoto, senatrice M5S e sottosegretaria al Lavoro e alle Politiche Sociali che auspica “una interlocuzione approfondita tra Amazon e sindacati per coordinare le linee guida del futuro in vista dell’apertura già pianificata di nuovi poli logistici”. Dopo i messaggi di solidarietà, ora Maurizio Landini, che si aspetta dalla politica “atti concreti”, secondo cui dopo lo sciopero Amazon deve dare risposte e “riaprire immediatamente le trattative”.

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