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Presentato libro sul castello di Paganica “Ricostruzione per far tornare vivo il tessuto sociale”

Giada Salvati di Giada Salvati
1 Luglio 2023
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Paganica. “Ricostruire la chiesa del castello di Paganica ha un’importanza fondamentale per la città-territorio dell’Aquila e soprattutto per il paese, che non dispone di un luogo più ampio di una stanza per iniziative sociali e culturali. Abbiamo costituito un comitato e scritto alla curia arcivescovile per sensibilizzare sul tema”.

Questo l’appello lanciato, nello spazio eventi della libreria Colacchi, dallo scrittore e studioso di tradizioni Raffaele Alloggia, che ha presentato il libro “Paganica, il castello racconta”: il primo studio analitico e documentale sull’edificio sacro seicentesco sorto – in vetta alla “acropoli” del paese – sulle rovine della fortificazione preesistente e risalente al Trecento. Una pubblicazione che coincide con la ricorrenza dei 600 anni della guerra dell’Aquila di Braccio da Montone, in cui il castello fu protagonista. L’evento è stato suggellato da un’esibizione a sorpresa della banda musicale di Paganica.

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Con l’autore ha dialogato il giornalista Alberto Orsini, che in premessa ha fatto notare come “in uno dei templi della cultura aquilana presentiamo un libro apparentemente poco aquilano, andando a calcare sulla città-territorio, oltre le mura del centro storico. I castelli costituiscono l’ossatura dell’Aquila ed è importante che le realtà sociali delle 60 frazioni, con Paganica tra le più grandi e importanti, siano ricostruite come sintomo della salute complessiva della città territorio – ha aggiunto – La chiesa del castello dagli anni Settanta in poi ha avuto un uso sociale determinante: un cuore pulsante del paese spazzato via con il terremoto 2009 che ancora oggi è fermo. Per questo è importante che torni a nuova vita. Il treno del Pnrr ormai è perso, non restano che i fondi della ricostruzione”.

Tornando a sei secoli fa, ai tempi della guerra dell’Aquila, Alloggia ha ricordato che “la milizia paganichese, guidata dal capitano Gregorio di Norcia, riuscì a respingere gli attacchi bracceschi per dieci giorni contro quattromila uomini d’arme a cavallo, difendendosi con balestre e sassi contro le bombarde. Alla fine – ha proseguito – decisero di arrendersi e, come racconta Niccolò Ciminiello da Bazzano, ‘li villani matti dalle mura calaro’ e fecer patti’”. “Per più di un anno, proprio da Paganica, dove si erano insediate, partivano continuamente milizie braccesche che non davano tregua agli aquilani, bisognosi di vettovaglie, impedendo scambi commerciali, razziando bestiame e foraggio e affamando anche i paganichesi – ha raccontato ancora – Il 16 giugno 1424, solo pochi giorni dopo la vittoria e la morte del condottiero, una nutrita milizia aquilana, guidata da Antonuccio Camponeschi, rase al suolo il castello perché c’era l’idea che ci fosse stata una vera e propria alleanza tra il capitano Gregorio di Norcia e Braccio da Montone”.

Le pietre della fortificazione distrutta rimasero abbandonate sul colle per quasi due secoli, quindi “la rinascita con la chiesa di Santa Maria del presepe, ancora oggi detta ‘del castello’, edificata sulle rovine per volere del vescovo Giuseppe de Rubeis. Dopo soli cinque anni di lavori a cura del capomastro paganichese Innocenzo Rotellini, venne inaugurata il 4 luglio 1605 alla presenza di migliaia di persone”. Il racconto è proseguito ancora arrivando ai tempi “della Prima guerra mondiale quando, come se non bastassero i danni provocati dal terremoto del 1915, la chiesa fu adibita a caserma di un distaccamento di soldati del 13° reggimento di fanteria di stanza all’Aquila. Nel secondo conflitto mondiale, invece – ha aggiunto ancora – dopo aver realizzato una serie di colonne in cemento armato nella navata centrale, la chiesa fu usata come ricovero dei muli dagli occupatori tedeschi”.

Con un ulteriore salto in avanti, l’approdo all’ultimo trentennio, “quando le mura furono occupate di volta in volta dai donatori di sangue, la banda musicale, il coro, la bocciofila e la squadra di rugby, nonché usate per assemblee, rappresentazioni e perfino come spazio museale. Un vero tessuto vivo – ha concluso Alloggia – che ora deve tornare a esistere con la ricostruzione”.

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