Pescara. In Abruzzo poco più della metà dei medici internisti (54%) riferisce di essere in burn-out, insieme di sintomi determinati da uno stato di stress permanente, e dichiara di aver pensato di licenziarsi nell’ultimo anno (50%).
Sempre la metà riferisce di sentirsi emotivamente sfinito mentre il 59% di lavorare troppo duramente. Il 61% dichiara di essere sfinito al termine di ogni giornata lavorativa, il 47% di essere frustato dal proprio lavoro e il 49% esaurito. A fornire la fotografia dei medici “sull’orlo di una crisi di nervi” è la survey condotta da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri e presentata a Milano al 28° Congresso Nazionale della Federazione. Nonostante tali percentuali, rileva l’indagine, il medico non perde la propria passione per la professione: il 70% riferisce di affrontare efficacemente i problemi dei propri pazienti e di influenzare positivamente la vita di altre persone attraverso il proprio lavoro, il 65% di aver realizzato molte cose di valore e il 68% si rallegra dopo aver lavorato con i pazienti. Poco più della metà (54%) teme che il proprio lavoro possa con il tempo indurirlo emotivamente.
Il Covid ha influenzato negativamente la vita per il 48% degli internisti abruzzesi. “Depressi, stressati e in perenne carenza di sonno per orari di lavoro che vanno ben oltre il lecito, carichi di lavoro impossibili da gestire; il tutto aggravato da mancanza di riconoscimento del valore di quanto con competenza professionale si fa, un numero di pazienti per medici e posti letto che rende quasi impossibile instaurare un rapporto empatico con i pazienti e la burocrazia che rende tutto ancora più difficile”, scrive Fadoi, ricordando che i medici internisti “da soli assorbono un quinto di tutti i ricoveri”.
Una situazione che rappresenta “una minaccia per la loro salute ma anche per quella degli assistiti, visto che
lavorare quando si è in burnout significa alzare di molto le possibilità di commettere un errore sanitario”.