Amatrice. Piove su Amatrice e sui suoi morti. Nemmeno stavolta la natura ha avuto pietà, ma almeno oggi l’uomo non ha colpe. L’acqua si mischia al dolore cupo e silenzioso dei parenti e degli amici delle vittime del terremoto nella cittadina martire e nella sorella minore Accumoli. Ventotto bare soltanto – una decina non sono riuscite ad arrivare per il maltempo – per 242 caduti; sotto il tendone e fuori l’umido fa stringere ancora di più chi soffre agli altri. Arrivano alla spicciolata, con le strade e i parcheggi improvvisati nel fango. Si riconoscono, si abbracciano, piangono sommessi. Molti anziani, parecchi ragazzi. Sopportano ancora una volta con pazienza e pochi momenti di insofferenza le telecamere. Sotto la tensostruttura bianca, di fronte all’altare con il Cristo che pende davanti a un edificio crollato, le file di bare marroni. Due sole bianche, di bambini. I parenti sono seduti accanto ai feretri, una donna piuttosto lo avvinghia. Un’altra non stacca un instante dalla guancia la foto della figlia morta. In tanti hanno messo immagini accanto ai fiori. C’è Claudio, 21 anni, che ha perso padre, madre, sorella e la fidanzata di 17 anni. Siede catatonico, annientato, sostenuto dalla zia in piedi alle sue spalle. Una dottoressa a un tratto gli controlla le pupille. C’e’ il fratello di Gigliola, ragazzina ricordata da un cuscino con la sua foto sulla bara. Lui alla fine singhiozza e accarezza il legno come se fosse un viso. “Per favore, fatemi passare, ho mia cugina lì”, dice un ragazzo con la barba. Un palloncino vermiglio a forma di cuore ancorato a una cassa ricorda che lì dentro c’è Anna. Durante la messa funebre solo un grido spezza il silenzio, è di una donna alla lettura dei nomi dei morti. Un “nooo!” disperato e riverberato dagli amplificatori. Amaducci Rossella…Baccari Pietro…l’ultimo è Volpini Maria Luisa. Un vecchio si sente male e stramazza sulla ghiaia. Gli danno dello zucchero in bustina, la Croce Rossa lo porta via in barella. Matteo Renzi e Sergio Mattarella seguono il rito in piedi tra la gente. Alla fine confortano, ascoltano, baciano sulle guance e abbracciano tanti. Ma il momento finale si avvicina, il distacco sarà definitivo e molti piangono più forte. Attoniti tra la ressa dei cronisti. Un bimbo tenuto in braccio chiede “papi, che succede?”. Piove ancora. In fondo, dopo una settimana di sole indifferente all’ecatombe di Amatrice, la natura stasera si mostra più clemente con il dolore degli uomini.