L’Aquila. “Siamo di fronte ad un omicidio che ha turbato la tranquillità della nostra piccola comunità. E l’indagine che ha fatto seguito è stata resa difficile dal fatto che vittima era persona riservata, che non aveva reti relazioni note. Quella notte, arrivati nel luogo del delitto eravamo davanti al cadavere di uno sconosciuto, e a nove chili di piante di marijuana ad essiccare in garage, che hanno indicato la pista da seguire”.
Così il procuratore della repubblica dell’Aquila, Michele Renzo, nel corso della conferenza
stampa che si è tenuta all’Aquila nella sede del comando provinciale dei carabinieri, per fare il punto sulle
indagini che hanno portato all’arresto del presunto omicida del 55enne dipendente dell’Asm Paolo D’Amico, ritrovato senza vita il 24 novembre del 2019 nella sua casa nel comune di Barisciano (L’Aquila).
“Determinante la pazienza e perseveranza di indagini lunghe e complesse. L’utilizzo di metodi innovativi, supportati da reparti specialistici — ha spiegato ancora Renzo che ha coordinato le indagini insieme al pm Simonetta Ciccarelli -. Il senso di questa conferenza stampa risiede nel dovere di rendiconto, non quello di mostrare al pubblico un colpevole che ancora non c’è, visto che questo lo decideranno i tribunali, ora è solo presunto. Siamo piuttosto qui per confermare l’apprezzamento nei confronti dell’Arma dei Carabinieri che ha profuso in indagini complesse le sue migliori energie e capacità, avvalendosi di strumenti di indagine sofisticati”.
Il procuratore capo si è complimentato con il procuratore aggiunto Ciccarelli, che ha coordinato le indagini, “per la sua bravura e competenza, che ha giocato un ruolo determinante”. Il comandante provinciale dei carabinieri, Nazareno Santantonio, ha sottolineato che “la vittima era un perfetto sconosciuto per noi. La scena del crimine era complessa, l’uomo non aveva vita sentimentale, genitori e parenti vivevano a Roma, tanto che l’omicidio è stato scoperto dal fratello non avendo più notizie da giorni di Paolo D’Amico”.
Nel corso dell’incontro è stato definito determinante l’intuizione investigativa che ha portato a repertare tracce di dna sui pantaloni della vittima, all’altezza delle caviglie, ipotizzando un trascinamento del cadavere dalla stretta porta del garage, dove è stato colpito e ucciso, all’interno del locale. Ha spiegato il maggiore Edoardo Commandè: “Dall’analisi del tessuto essudato, nella parte a contatto del pantalone, è emersa una traccia di dna di un’altra persona, in un punto dove tra persone normali non avviene un contatto fisico. Lo stesso pantalone presentava tracce del trascinamento”.