L’Aquila. Nonostante, ai fini della coltivazione, le superfici e i volumi autorizzati siano pari, rispettivamente, a circa 1500 ettari e a oltre 134 milioni di metri cubi, da un trentennio se ne attende l’approvazione. Malgrado risulti essere uno strumento di programmazione basilare in quanto teso a garantire uno sviluppo sostenibile del territorio regionale, l’iter amministrativo nel quale si trova è dagli anni ’80 che è sostanzialmente incagliato. L’assenza dell’adozione del Piano regionale delle Attività estrattive (PRAE) è un vulnus gravissimo verso il quale l’esecutivo D’Alfonso deve quanto prima porre rimedio”. Il consigliere Leandro Bracco focalizza la propria attenzione su una tematica che nonostante sia di notevole delicatezza, in poche occasioni è stata al centro del dibattito pubblico. “L’attività estrattiva”, afferma l’esponente di Sinistra Italiana, “ha per oggetto la coltivazione dei giacimenti di miniere e cave. La Regione Abruzzo, tramite la legge n. 54 del 1983, ha provveduto a disciplinare la materia solo parzialmente. Questa normativa dedica al Piano delle Attività estrattive gli articoli 7, 8 e 9 e lo qualifica come l’atto fondamentale della disciplina. Nel 2015 la nostra regione ha acquisito il Piano regionale delle Attività estrattive, redatto in collaborazione con la società Abruzzo Sviluppo”.
“Si tratta”, prosegue il Consigliere Segretario, “di uno strumento di programmazione di notevolissima importanza il cui scopo è lo sviluppo sostenibile del territorio regionale. La sua approvazione è attesa da circa trent’anni. Uno strumento a dir poco necessario se si considera che secondo il censimento svolto nel 2012 e poi aggiornato nel 2015, le superfici autorizzate ai fini della coltivazione sono pari a 1.477,55 ettari (+4,45% rispetto al 2012) mentre i volumi si attestano a quota 134.724.419 metri cubi. Inoltre, sempre secondo i dati 2015, 265 sono le cave attive e 2 le miniere. Si tratta di attività estremamente impattanti, ferite profonde del territorio che in molti casi non si sono cicatrizzate. Per questa ragione il Piano è destinato a svolgere un ruolo e una funzione rilevanti di programmazione e tutela garantendo il contenimento dell’uso di suolo e conseguentemente evitando, attraverso la predisposizione di vincoli, la devastazione dell’ambiente”.
“Inoltre il PRAE”, sottolinea Bracco, “potrebbe essere efficace anche sul piano dei recuperi. Nel nostro Abruzzo, purtroppo non di rado, allo sfruttamento non è infatti seguita alcuna attività di ripristino con evidenti e gravissime ricadute di matrice ambientale”. “Dopo la sua acquisizione”, rimarca il consigliere di Sinistra Italiana, “il Piano è stato sottoposto a Valutazione ambientale strategica (VAS) dopodiché silenzio assoluto. Che fine ha fatto il PRAE? Per quanto noto, il Piano non ha proseguito l’iter amministrativo imprescindibile alla sua adozione. Sul sito della Regione Abruzzo se ne prevedeva l’adozione entro il 2017 ma invece nulla pare essere accaduto nonostante iniziative legate ad attività estrattive continuino a essere proposte. La domanda non può che sorgere spontanea: a cosa sono serviti anni di lavoro se poi del Piano si sono perse le tracce?”. “Si provveda, senza indugiare, a concludere l’iter amministrativo. Diversamente”, termina Leandro Bracco, “si sarà solamente dato il via libera alla devastazione del territorio nonostante ingentissime quote di denaro pubblico spese per la redazione di Piani mai adottati”.