L’Aquila. Dopo oltre undici anni di attesa, il Palazzetto di viale Ovidio ha finalmente riaperto le sue porte. Il taglio del nastro, accolto con favore anche dalle opposizioni, non ha però spento le polemiche: anzi, ha riacceso il dibattito sulla gestione dei lavori pubblici in città.
I consiglieri di minoranza – Paolo Romano (L’Aquila Nuova), Stefano Albano, Stefano Palumbo e Stefania Pezzopane (PD), Lorenzo Rotellini (AVs) e Simona Giannangeli (L’Aquila Coraggiosa) – parlano di un’opera simbolo di “ritardi, stop, varianti e rinvii” e accusano la giunta di aver puntato più sugli “annunci” che sull’efficienza amministrativa.
La lunga attesa tra annunci e rinvii
Secondo i firmatari, già dal 2018 la riapertura dell’impianto veniva data come imminente. Nel 2020, l’allora assessore Fabrizi assicurava che l’impianto sarebbe stato operativo entro l’autunno 2021, o al massimo per Natale. “Altri annunci, affidati al sindaco per dare più credibilità, sono arrivati nel 2022″ ricordano le opposizioni, “fino alla perizia di variante approvata solo lo scorso aprile, con ulteriori costi per le casse pubbliche”.
Un percorso che, sostengono, ha avuto ricadute pesanti sul mondo sportivo: associazioni, atleti e famiglie costrette per anni a spostarsi in altre città per allenamenti e competizioni.
La vicenda, per le opposizioni, è l’ennesima prova della distanza tra “propaganda e amministrazione”. “La città non ha bisogno di passerelle” dichiarano, “ma di una classe dirigente che lavori con obiettivi chiari, tempi certi e risorse gestite con efficienza. È necessaria più verità e trasparenza nel raccontare lo stato delle opere”.
Le altre incompiute
L’elenco delle criticità, secondo i consiglieri, non si ferma al Palazzetto. Vengono citati il Teatro comunale, la cui riapertura era stata annunciata per il 2023, e il parco urbano di Piazza D’Armi, dove l’amministrazione sarebbe arrivata a dirottare risorse originariamente destinate dal Comitato Australian Abruzzo Earthquake Appeal Fund per finanziare il restauro di Palazzo Margherita.
Nella lista compaiono anche il ponte Belvedere, finito sulle cronache per la caduta di massi, il Cinema Massimo(finanziato con oltre 4 milioni nel 2016), il Teatro San Filippo e il Pala Japan, che “sembra ormai scomparso dalle dichiarazioni del centrodestra”.
Gli esponenti di minoranza concludono denunciando una linea politica che, a loro giudizio, continua a produrre “solo esercizio di annunci, con pochissima pianificazione e scarsa concretezza”.