Pescara. Pisa e Pescara il 31 agosto 1943 furono duramente colpite dall’aviazione alleata, che nel corso del bombardamento delle due città produsse danni e migliaia di vittime. Un trauma e una tragedia che saranno ricordati a Pescara con eventi organizzati da Comune e Anpi.
C’è però un aspetto che lo storico Enzo Fimiani, docente all’Università d’Annunzio, tiene a sottolineare, anche alla luce dello striscione apposto qualche giorno fa da Casapound a Sulmona per ricordare il bombardamento della città peligna del 27 agosto ‘Sulmona non dimentica le bombe anglo-americane’.
“In questa fase storica – argomenta Fimiani – bisogna fare attenzione al diffondersi di un ‘paradigma vittimario’, ossia la tendenza diffusa a isolare gli eventi dal loro contesto storico guardando soltanto alla tragedia (innegabile e traumatica) delle vittime, spesso inermi.
Ciò impedisce di comprendere la storia. Per le vittime dei bombardamenti, come per tutte le vittime di qualsiasi
tipo di una guerra, c’è un’istintiva compassione emotiva, che però, in sé, non spiega perché siano diventate
vittime”.
“Non si aiuta la comprensione e l’interpretazione della storia con la didattica dell’emotività – prosegue il docente di storia contemporanea – perché così non si danno spiegazioni razionali dei fatti, non li si spiega, e la cosa vale anche per altre questioni spinose, come la Shoah o le Foibe. L’unico vero modo per comprendere è usare il cervello, spiegare per esempio come funzionava un campo di sterminio, la sua eccezionale organizzazione, oppure il contesto di lungo periodo delle Foibe”.
“Nel caso dei bombardamenti – continua Fimiani – questa sindrome emotiva che commuove ma non spiega è ancora più evidente. Per capire il perché delle tragedie e del sangue legati alle bombe alleate dal cielo, bisogna risalire alle cause più profonde (nel caso italiano, alle responsabilità del regime fascista) e immediate (la seconda guerra mondiale nella quale finiscono anche gli italiani).
Se per altre città della penisola più legate a obiettivi militari, come Torino o Napoli, la comprensione del perché dei bombardamenti viene forse più naturale, per centri urbani come Pescara o Pisa, ma anche Sulmona o Isernia, se ne vede la sola crudeltà verso la sorte dei civili innocenti.
Se si guarda al caso eclatante della scuola elementare di Milano, con i suoi 200 bambini morti, diventa ovvio condannare questa violenza bellica senza fare alcuno sforzo per capirla e collocarla nel suo contesto storico. E, certo, gli Stati Uniti ci avrebbero poi abituati a usi indiscriminati della morte dal cielo, in Vietnam, Corea o Iraq. Se però si leggono i bombardamenti alleati nel contesto di una terribile guerra di distruzione, come quella 1939-1945, tra concezioni ideali e politiche inconciliabili, forse li si comprende meglio.
In tutto il secondo conflitto mondiale c’è stata assoluta ferocia nei confronti dei civili. Si pensi alla stessa Italia: tra la caduta del fascismo il 25 luglio ’43 e l’armistizio dell’8 settembre, il nuovo governo Badoglio mobilitò l’esercito contro i civili che festeggiavano la fine del regime con una repressione degna di Bava Beccaris nella crisi del 1898, che provocò una carneficina di massa con migliaia tra morti, feriti, arrestati, del tutto rimossa dalla memoria nazionale.
Uno dei tanti casi in cui degli innocenti hanno pagato colpe generate altrove, nel tempo precedente, provocando lutti e sofferenze ingiustificabili, ovviamente, ma che necessitano di essere spiegate e capite, per venire finalmente elaborate nella memoria civile di un Paese”.