Lanciano. All’interno di un ex convento dei cappuccini si trova l’hospice Alba chiara di Lanciano: qui da nove anni resiste un orto terapeutico in terra piena, Orto d’amore, dove anche familiari di pazienti che sono stati ricoverati ma che non ci sono più continuano a dare il proprio contributo.
Oggi la sfida della struttura è creare un frutteto accessibile e aperto alla cittadinanza, per far conoscere di più le cure palliative e rendere l’hospice un luogo non solo legato all’idea della morte.
Dalla pet terapia all’arteterapia, sono diverse le attività che si affiancano nelle cure palliative. “Importante è l’ortoterapia. Se ne osservarono i benefici già sui soldati feriti, dopo la prima guerra mondiale”, spiega, anche in un video visibile su ANSA.it, il dottor Pier Paolo Carinci, che organizza le cure palliative a domicilio sul territorio della Asl Lanciano-Vasto-Chieti ed è direttore dell’hospice Alba chiara e di un altro a Torrevecchia teatina.
L’ortoterapia ha effetti benefici su pazienti e familiari, per esempio sull’ansia e sul sonno, “perché la coltivazione fa ripercorrere i cicli vitali attraverso l’alternarsi delle stagioni. A fine vita – spiega Carinci – il tempo assume una forma diversa: si passa dal chronos, il tempo materiale, al kairos, il tempo interiore.
L’orto permette di riprendere possesso del tempo dei ricordi”. “Per essere richieste le cure palliative devono essere conosciute quando la persona sta bene. Per questo l’hospice è aperto alla cittadinanza”, afferma il direttore sanitario.
Qui vengono organizzati eventi culturali, degustazioni, cineforum. C’è una piccola coltivazione di zafferano di Navelli e si fa un po’ d’olio grazie agli ulivi dei cappuccini. C’è ora l’intenzione di creare un frutteto, una collezione di piante antiche e del territorio, accessibile, con passerelle di legno. “La Regione può offrire opportunità con interventi finalizzati all’inclusione sociale attraverso bandi”, spiega Elena Sico, direttrice del Dipartimento Agricoltura della Regione Abruzzo. Durante molte giornate di cura dell’orto, cui partecipano pazienti e familiari, sanitari e cittadini, viene acceso il forno e si mangia insieme, racconta Marina Paolucci, agronoma e coordinatrice del progetto Orto d’amore. “Ognuno di noi – racconta – porta con sé una perdita e la voglia di guarire attraverso la cura, anche dell’orto. Con la morte tocca fare pace, è meglio conoscere le cure palliative per vivere fino alla fine in modo dignitoso”.