L’Aquila. Nel momento in cui molte Regioni si preparano alla ‘fase 2’, con l’ipotesi di affidarsi anche a delle ‘patenti di immunità’ date dai test sierologici, che dovrebbero stabilire se una persona ha superato l’infezione da Sars-CoV-2, l’Oms dice che “non ci sono ancora prove scientifiche”, ricorda oggi l’Organizzazione,”che le persone che sono guarite dal Covid-19 abbiano anticorpi che proteggono da una seconda infezione. Molti degli studi hanno mostrato che le persone che sono guarite dall’infezione hanno gli anticorpi per il virus. Tuttavia alcuni di questi”, scrive l’Organizzazione in un documento sul proprio sito ,”hanno livelli estremamente bassi di anticorpi neutralizzanti nel sangue. Al 24 aprile 2020 nessuno studio ha valutato se la presenza degli anticorpi da Sars-CoV-2 possa dare immunità ad una successiva infezione nell’uomo”.
“I test sierologici già in corso in diversi paesi”, spiegano gli esperti dell’Oms,” spesso dedicati a singole categorie di persone, dagli operatori sanitari ai contatti stretti dei pazienti, sono fondamentali per capire l’estensione e i fattori di rischio associati all’infezione, ma non sono adatti a determinare il livello di protezione”.”È giusto l’appello dell’Oms, servirà ancora tempo per sapere se si possono dare ‘patenti d’immunità “, commenta Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive (Simit). “Alcuni passi avanti sono stati fatti, possiamo dire ad esempio che gli anticorpi hanno una durata di quattro mesi, ma saremmo più interessati a sapere se durano anni, cosa impossibile visto che il virus è nuovo. Inoltre oltre alla risposta attraverso immunoglobuline, che è quella che misuriamo con i ‘famosi’ test sierologici, nelle malattie respiratorie è importante anche la cosiddetta ‘immunità cellulo-mediata’, di cui ancora sappiamo molto poco”.
“La speranza”, sottolinea Andreoni,” è che il Sars-CoV-2 si comporti da questo punto di vista come gli altri coronavirus, alcuni dei quali danno forti risposte immunitarie. I coronavirus in generale”, spiega quindi il direttore scientifico Simit, Andreoni,” generano una buona risposta, con degli anticorpi protettivi. Se dovessimo basarci sull’esperienza passata potremmo essere ottimisti, ma ricordiamo che questo è un virus nuovo. Abbiamo notato ad esempio che può succedere che in qualche persona anche quando ha gli anticorpi, verso la fine della malattia, può verificarsi una ripresa della replicazione cellulare, e questo potrebbe essere un segnale negativo, che però deve essere analizzato meglio. Ancora meglio sarebbe se il Covid-19 fosse come il morbillo o la parotite, che invece danno immunità che durano per tutta la vita. Dall’altro lato di questa classifica c’è invece l’ ‘influenza’, il cui virus muta così velocemente da costringere a riformulare il vaccino ogni anno”.