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Omicidio Vasto, tre colpi con calibro 9. I due si sono parlati, poi è spuntata la pistola e gli spari

Redazione Cronaca di Redazione Cronaca
2 Febbraio 2017
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Vasto. Grazie al video che ha ripreso tutta la scena, l’omicidio è stato ricostruito nel dettaglio dagli investigatori. È stata documentata la successione dei colpi sparati da Fabio Di Lello, 34 anni, con la sua calibro 9, contro Italo D’Elisa, il 21enne ucciso ieri all’ingresso del Drink Bar caffè a Vasto. Una vendetta, dopo che D’Elisa, nel luglio 2016, aveva ucciso, investendola con la macchina, Roberta Smargiassi, moglie di Di Lello. La videocamera di un locale ha ripreso tutta la scena: i due si sono parlati, poi è spuntata la pistola e gli spari. Tre i colpi che hanno centrato D’Elisa: addome, gamba e collo. Molto probabilmente quest’ultimo è stato quello mortale.

Per domani mattina è stata disposta l’autopsia sul cadavere della vittima presso l’obitorio nell’ospedale di Chieti. Il sostituto procuratore della Repubblica di Vasto Gabriella De Lucia, titolare dell’inchiesta, ha assegnato l’incarico a Pietro Falco, direttore di medicina legale della Asl Lanciano Vasto Chieti. Il professionista ha chiesto e ottenuto che l’esame venga fatto a Chieti per potere effettuare una serie di prelievi e nel contempo eseguire una serie di prove comparative, anche con il contributo delle immagini in possesso dei Carabinieri. “È un fatto di cronaca che scuote le coscienze – ha dichiarato il maggiore Giancarlo Vitiello, comandante della Compagna dei Carabinieri di Vasto – e fa riflettere su ciò che è accaduto. Un epilogo tragico che sconvolge tutta la città”. Sulla vicenda è intervenuta anche la Confederazione Sindacale Autonoma di Polizia (Consap) che ha parlato di “certificazione del fallimento di un sistema giudiziario che è stato criticato dagli stessi Capo Procuratori della Repubblica anche nelle recenti aperture dell’anno accademico per le sue potenzialità criminogene”. L’arcivescovo di Chieti-Vasto, Bruno Forte, ha sottolineato di essere addolorato per il fatto “che questo giovane esasperato dalle lentezze di una giustizia che non dava segni, nei confronti di colui che aveva investito la moglie, abbia reagito facendosi, secondo lui, giustizia da sé. La vendetta non è mai giustizia, produce solo ulteriore sofferenza e ulteriori mali”. Pronta la replica del capo della Procura vastese, Giampiero Di Florio, secondo il quale non c’è stata alcuna “lentezza, ma anzi, al contrario, questo procedimento evidenzia la celerità di un tribunale come quello di Vasto nella trattazione dei processi: le indagini sono durate 110 giorni dalla data dell’incidente, l’udienza davanti al Gup era prevista il 21 febbraio: direi che ci sono tutti i tempi rapidi per arrivare a una sentenza, in meno di otto mesi”.

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