Roma. A metà luglio, gli agenti della squadra mobile, su ordine della Procura della Repubblica, si sono recati al cimitero monumentale del Verano e hanno chiesto agli operatori di aprire il fornetto di Katty Skerl, la giovane uccisa a Grottaferrata il 21 gennaio 1984, il cui assassino non è stato mai individuato.
Dietro la lapide, il loculo vuoto. La bara della ragazza è stata trafugata. La tomba, settore 115, n. 84, seconda fila in basso, è stata quindi posta sotto sequestro.
Una notizia inquietante, che porta con sé antichi fantasmi. Che fa riemergere una vicenda intricata, dai confini sfuggenti, forse intersecata con altri misteri irrisolti. Dunque, non risulta semplice cominciare a raccontarla dall’inizio perché, in effetti, non si sa quale sia effettivamente il suo inizio.
Katty Skerl, la giovane donna il cui corpo è scomparso dal cimitero, è stata uccisa a diciassette anni. È figlia di Peter, un regista svedese naturalizzato italiano che, a quanto si dice, è stato assistente di Ingmar Bergman e si è in seguito affermato dedicandosi al cinema erotico. Katty (Caterina) ha un fratello di nome Alexander, i genitori si sono separati presto, il padre ha lasciato Roma e lei è rimasta a vivere con la madre, in via Isidoro del Lungo n. 54, quartiere Talenti. Iscritta al Pci, è una fervente attivista politica. Frequenta il liceo artistico di Ponte Milvio.
Il 21 gennaio 1984, Katty esce di casa portando con sé un borsone, ha in programma di andare a una festa dall’amica Laura, in via Cartesio. Vi si reca Insieme al fratello. Lascia, da sola, la festa tra le 18,30 e le 18,45. Intende incontrarsi, la sera, con l’amica Angela, da cui dovrebbe trascorrere la notte e partire, l’indomani, per una gita a Campo Felice (da cui il borsone che ha con sé). Le due hanno appuntamento alla fermata Lucio Sestio della metropolitana. Ma di Katty si perdono le tracce.
Viene rinvenuta il giorno dopo, strangolata, in una vigna di Grottaferrata, a pochi chilometri da Roma. Accanto al cadavere, il borsone. In tasca, nessun biglietto dei mezzi pubblici. Dagli accertamenti effettuati, risulta che la giovane è stata strangolata con un fil di ferro e poi con la cinghia del borsone, tenuta ferma a faccia in giù con un ginocchio sulla schiena, premuto con tale forza da sfondarle le costole. Esclusa, secondo i medici legali che hanno effettuato l’autopsia, la violenza sessuale.
Inizialmente, gli inquirenti sospettano che l’omicidio sia riconducibile a Maurizio Giugliano, ritenuto il “Lupo dell’Agro romano”, un omicida seriale che aggredisce e uccide le proprie vittime con particolare ferocia. Ma sembra non sia lui l’autore del delitto. Né chi indaga riserva troppo credito allo scenario che vorrebbe Katty uccisa dai neofascisti: nel settembre 1983, sul fondo stradale fuori al portone del suo palazzo, qualcuno aveva vergato la scritta “Uccidetela”, che la giovane riteneva provenire appunto da un gruppo neofascista del quartiere e diretta a lei.
Passano gli anni, l’indagine non approda ad alcun risultato. Nel 2014, qualcuno rivela al Corriere della Sera che una compagna di classe di Katty Skerl era la figlia di un funzionario dell’ambasciata finito sotto processo come complice di Alì Agca nell’attentato a Giovanni Paolo II. Si prospetta, quindi, una possibile correlazione tra l’omicidio della diciassettenne e il sequestro di Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi, rivendicato nel novembre 1984 dall’organizzazione turca dei Lupi Grigi, di cui Agca faceva parte. Il gruppo chiedeva la scarcerazione del terrorista in cambio della liberazione delle giovani. A tale scenario se ne affianca poi un altro, che vedrebbe coinvolta la Banda della Magliana come responsabile dei rapimenti.
Qualcuno ritiene comunque che vi siano ulteriori elementi per ipotizzare la connessione tra i tre casi. Nell’aprile 2013, vengono recapitati alla sorella della Gregori ed a un’amica della Orlandi due plichi contenenti la foto di un teschio e un testo sinistro:
“Non cantino le due belle more per non apparire come la baronessa e come il ventuno di gennaio martirio di Sant’Agnese con biondi capelli nella vigna del Signore”.
Secondo alcuni, un “chiaro” riferimento alla morte di Katty Skerl: i capelli biondi, la data della morte e il luogo.
E, nel 2015, il fotografo Marco Accetti, già all’attenzione degli inquirenti perché, a suo dire, coinvolto proprio nel rapimento di Emanuela Orlandi, chiede alla Procura di Roma di far riaprire la tomba di Katty Skerl, che afferma violata nel 2005, sostenendo che la giovane sarebbe stata uccisa su commissione “da una fazione interna ad ambienti vaticani”, opposta a quella di cui avrebbe fatto parte lo stesso Accetti e “contraria alla politica eccessivamente anticomunista di Papa Giovanni Paolo II”.
Secondo Accetti, “una finta squadra di addetti cimiteriali, simulando una riesumazione, smurò il fornetto in cui era deposta Skerl, da cui prelevò la bara”. Ciò, allo scopo di “occultare uno degli elementi che poteva far collegare il caso di Skerl a quello Orlandi”. Accetti riferisce infatti che la camicetta bianca con cui la Skerl era stata seppellita, aveva un’etichetta, “Frattina 1982”, applicata sul collo. Una parola, a quanto sostenuto, “non casuale” perché uno dei comunicati di rivendicazione del sequestro Orlandi giunto nel 1983, conteneva, tra le altre tracce in codice, proprio la parola “Frattina”. Il fotografo fornisce, poi, un ulteriore dettaglio: i finti becchini avrebbero lasciato nel loculo, al posto del feretro trafugato, una maniglia da bara a forma di angelo.
Dichiarazioni, quelle di Accetti che, al momento in cui vengono rilasciate, non hanno seguito. L’allora procuratore Giuseppe Pignatone chiede e ottiene dal Gip l’archiviazione del fascicolo e il proscioglimento del fotografo e di altri cinque indagati.
E adesso la Procura sta nuovamente interessandosi al caso. Disposta l’apertura della tomba di Katty Skerl, ha effettivamente appurato la scomparsa dei resti mortali della giovane. E, stando a quanto riportato nei giorni scorsi dal Messaggero, pare che all’interno del loculo sia stata rinvenuta proprio la maniglia di ottone di una bara.
In una recente intervista al Gr1 Rai, rilasciata al giornalista Bruno Sokolovic, Accetti ha ribadito le dichiarazioni rilasciate nel 2015 e la correlazione diretta tra il trafugamento e la scomparsa di Emanuela Orlandi. Ha detto, inoltre, di sapere dove si trovi la camicetta bianca della Skerl, concludendo: “Con i magistrati non parlo, alla famiglia della vittima dirò tutto”.
Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, ha così commentato con Fanpage la vicenda della tomba di Katty Skerl: “La cosa che mi ha colpito è la dovizia di particolari che Accetti ha raccontato rispetto al furto della bara, ciò mi fa pensare che non potesse non essere presente”. Ha affermato, tuttavia, di non credere che esistano legami tra la sorella e la Skerl: “Se è scomparsa la sua bara si riaprano le sue indagini per cercare il colpevole. Ciò che mi dà fastidio è che questo legame che è stato creato non ha prodotto alcun tipo di prova, ma che anzi, ci allontana dalla verità”.
La cugina di Katty, Laura Mattei, con l’aiuto dell’avvocato Paola Chiovelli, si sta battendo perché l’indagine prosegua e, a quarant’anni dall’omicidio, venga finalmente fatta luce sul caso. È quanto riferisce la Repubblica di ieri. Dov’è finita la bara di Katty? Come fa Accetti a sapere del trafugamento? Chi ha ucciso la giovane e per quale motivo? Per il momento, il mistero rimane fitto.