Roma. Serrato confronto, questa mattina, nella nuova udienza del processo di appello per l’omicidio di Serena Mollicone, la giovane uccisa ad Arce nel 2001. Tema del contendere, l’arma del delitto. Secondo l’accusa ed i suoi esperti, la vittima sarebbe morta impattando con la testa, in seguito a una spinta, contro la porta di un alloggio a trattativa privata all’interno della caserma dei Carabinieri di Arce. Assunto contestato dalla difesa.
In aula, si sono confrontati Rosario Casamassima, del Ris, che ha effettuato le analisi microscopiche e chimiche sul nastro adesivo che avvolgeva il capo di Serena al momento del ritrovamento e i consulenti della famiglia Mottola, il criminologo Carmelo Lavorino, lo psicologo clinico Enrico Delli Compagni e l’ingegnere Cosimo Di Mille.
Secondo Casamassima, dalle analisi effettuate, i frammenti di legno presenti – con tracce di resina e colla – sul nastro adesivo, sarebbero coerenti, per composizione, con la porta e risulterebbero intatti perché protetti dalla busta dell’Eurospin che avvolgeva la testa della ragazza.
Secondo i consulenti della difesa, detti frammenti potrebbero trovarsi sul nastro a causa di una contaminazione.
Carmelo Lavorino: “Per capire che c’è stata contaminazione basta vedere il filmato dell’esame sul cadavere eseguito dal medico legale Conticelli, che ha tagliato e ha aperto la busta dell’Eurospin sul tavolo settorio e ha tagliato il nastro adesivo.” Le tracce, insomma, sarebbero quelle del pulviscolo di segatura presente nelle camere mortuarie.
“Il legno truciolare ha una dimensione di un centimetro, la segatura ha pezzi grossi e non micro frammenti”, ha replicato Casamassima. “Quelli che sono stati trovati sul nastro avevano una morfologia complessa e contenevano colla e resina.”