Barisciano. Ieri mattina i carabinieri del Comando Provinciale di L’Aquila hanno arrestato G.P., 25enne aquilano, ritenuto responsabile dell’omicidio di Paolo D’Amico, avvenuto a Barisciano a novembre del 2019. L’indagine ha richiesto oltre un anno di inteso lavoro durante il quale è stata ricostruita e scandagliata la rete di conoscenze della vittima e sono state sentite dai militari numerose persone, tra familiari, amici e conoscenti.
D’Amico, 55 anni, operatore ecologico, originario di Roma e trapiantato a L’Aquila da lungo tempo, venne ritrovato morto nella sua abitazione di Barisciano nel pomeriggio di domenica 24 novembre 2019, dalla madre e dal fratello, residenti nella capitale. I familiari, che non riuscivano a mettersi in contatto con l’uomo da diversi giorni, lo trovarono privo di vita, ricoperto di sangue, nel garage della casa dove viveva da solo da molti anni. La telefonata al 112 ha quindi fatto scattare le indagini, che da subito si sono rivelate piuttosto complesse, in assenza di testimoni o indizi che potessero aiutare a capire in quale direzione rivolgere gli accertamenti. Se da un lato la presenza di numerose piante di marijuana, risultate poi coltivate dallo stesso D’Amico, ha aiutato a comprendere come l’omicidio si fosse consumato per vicende relative allo stupefacente detenuto o ai crediti maturati nei confronti di alcuni acquirenti (9 i chilogrammi di marijuana messi ad essiccare nel garage teatro dell’omicidio e sequestrati dai carabinieri), dall’altro la vita appartata e il carattere schivo dell’uomo, che conosceva molte persone ma aveva pochi amici, hanno contribuito a delineare un quadro decisamente ampio, dove ogni pista sembrava percorribile.
A ciò è dovuto il lungo tempo necessario a districare la notevole matassa di piccoli indizi, sospetti, particolari apparsi spesso inizialmente poco rilevanti e la cui attenta analisi è stata risolutiva. Fondamentale è stato l’operato dei carabinieri della Stazione di Barisciano e del Nucleo Radiomobile della Compagnia di L’Aquila, che sono intervenuti per primi sul posto, dopo la chiamata al 112 dei familiari della vittima, delimitando l’area della scena del crimine. Area poi battuta centimetro per centimetro fino all’indomani mattina, e poi numerose altre volte nei giorni successivi, dai militari della SIS (Sezione Investigazioni Scientifiche) del Reparto Operativo specializzati nei sopralluoghi e nei rilievi tecnici.
La complessità della situazione ha fatto sì che le indagini, da subito coordinate sul posto dal pubblico ministero Simonetta Ciccarelli, fossero affidate al Nucleo Investigativo. Secondo le testimonianze raccolte, Paolo D’Amico era ancora vivo la mattina di venerdì 22 novembre. Aveva regolarmente preso servizio prima dell’alba e verso le 10.00 era stato visto da un amico mentre tornava a casa. Poi sembra scomparire. I familiari non riescono a raggiungerlo telefonicamente e alcuni amici riferiranno di aver provato più volte a contattarlo anche il giorno successivo, il sabato in cui D’Amico stranamente non si reca a lavoro, senza avvertire nessuno.
La ricostruzione dei fatti, confermata da varie analisi tecniche, colloca temporalmente l’omicidio nel pomeriggio di venerdì 22 novembre 2019. Due giorni dopo il cadavere di Paolo D’Amico sarà ritrovato dalla madre e dal fratello. Molte delle quasi cento persone sentite dai militari nelle settimane successive hanno confermato l’attività di produzione e spaccio di marijuana da parte di Paolo D’Amico, che andava avanti già da qualche anno, ma che era cresciuta notevolmente dopo l’estate del 2019, nella quale l’uomo aveva raccolto e messo ad essiccare ben 20 piante alte circa due metri, coltivate nel suo terreno, ricavando una quantità significativa di sostanza da vendere.
In questo ambito, seppur molto vasto, si sono quindi indirizzate le indagini, fino a che un’incongruenza tra le dichiarazioni rilasciate ai carabinieri dal 25enne, incensurato, macellaio, impiegato da anni in un supermercato di una frazione di L’Aquila, ha fatto sorgere forti sospetti sul suo conto. Gli accertamenti condotti hanno rivelato che il ragazzo, nel giorno in cui viene collocato l’omicidio, non si trovava dove aveva invece dichiarato di essere quando venne sentito negli uffici del Comando Provinciale dei carabinieri.
Quella che all’inizio sembrava una piccola contraddizione ha invece mostrato in quale direzione volgere le indagini. Prima è risultato che il ragazzo nelle ore in cui è avvenuto l’omicidio non fosse nella propria abitazione, come aveva dichiarato, ma fosse invece non lontano dalla casa di D’Amico. Decisivo è stato poi il risultato delle analisi affidate al Reparto Investigazioni Scientifiche di Roma, a cui sono stati inviati nel corso dell’attività numerosi reperti provenienti dalla scena del crimine e campioni biologici di possibili sospetti: il R.I.S. di Roma ha confermato la corrispondenza tra il DNA del 25enne e quello dei campioni biologici presenti su un capo di abbigliamento indossato da Paolo D’Amico al momento del ritrovamento del suo cadavere, repertato durante il sopralluogo e trasmesso al R.I.S. dai carabinieri del Nucleo Investigativo.
Già dai primi mesi del 2020 era emerso che sul capo di abbigliamento fosse presente, oltre al sangue di D’Amico, anche un’altra traccia di DNA appartenente ad un uomo ignoto. Non era stato possibile dare un nome al proprietario di questa ulteriore traccia biologica fino all’individuazione del 25enne incensurato e alla trasmissione di un suo campione di saliva al R.I.S. di Roma. Il giudice per le indagini preliminari, Guendalina Buccella, ha quindi concordato con le risultanze investigative, compendiate nella richiesta della Procura della Repubblica, ravvedendo gravi, univoci e concordanti indizi di reato ed emettendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Questa mattina, dopo l’arresto, i militari del Nucleo Investigativo hanno sottoposto a perquisizione e sequestro l’abitazione del giovane e le due autovetture nella sua disponibilità, per compiere nei prossimi giorni ulteriori accertamenti tecnici. L’arrestato, dopo le formalità di rito, è stato condotto nel carcere di Frosinone, in attesa di comparire per l’interrogatorio di fronte al giudice per le indagini preliminari.