Castelbasso. Circa 1.200 persone hanno visitato, fino a ieri, le due mostre dedicate a Fabio Mauri e a Matteo Fato dalla Fondazione Malvina Menegaz per le arti e le culture, presieduta da Osvaldo Menegaz. Un risultato eccellente in quaranta giorni per una esposizione di alta qualità ma sicuramente dalle tematiche non semplici. Le esposizioni sono visitabili fino a domenica 2 settembre (dalle 19 a mezzanotte). Altri 2.000, invece, sono stati i partecipanti ai concerti (in particolare Sergio Cammariere, Chiara Civello, Paolo Di Sabatino con l’Orchestra sinfonica abruzzese, Danilo Rea e poi, per la musica classica i due appuntamenti curati da Roberto Marini), al cooking show allestito da Massimo Di Cintio, all’incontro di politica con Pietro Folena, curato da Simone Gambacorta, e agli appuntamenti con la letteratura che quest’anno hanno sancito l’avvio di una preziosa collaborazione con Fla, Festival di libri e altre cose di Pescara. Il direttore del Fla, Vincenzo d’Aquino, ha dialogato a Castelbasso con Pierluigi Battista, Paolo Hendel e Fabio Genovesi.
Il percorso tra le opere di Fabio Mauri, fotografie, installazioni, proiezioni e disegni scelti dalla curatrice Laura Cherubini esposti nelle ampie sale di palazzo De Sanctis, permette una sintesi del pensiero dell’artista nel decennio 1968-1978. “Testimone d’eccezione, intellettuale raffinato, artista vocato all’avanguardia e sensibile a ogni forma di manifestazione del “nuovo” (fu tra i fondatori della rivista “Quindici”), Mauri attivò dentro di sé un laboratorio di riflessione e orientò la sua analisi verso il concetto stesso d’ideologia: un concetto che nel ’68 mostrò un’imprevista forza dirompente e che conobbe – nel bene e nel male – una possibilità diversa di manifestarsi”, spiega il presidente Osvaldo Menegaz, “La mostra allestita dalla Fondazione Malvina Menegaz per le arti e le culture a Castelbasso, nelle sale di palazzo De Sanctis, ancora una volta con la curatela di Laura Cherubini, elegge a proprio campo d’indagine il decennio che va dal 1968 al 1978, decennio nel quale Mauri ha sviscerato, dal suo punto di vista e secondo le sue modalità di approccio, un momento cruciale della storia italiana contemporanea, in una visuale che abbraccia scaturigini e conseguenze di un intero turbolento scenario politico. Su quel decennio così complesso, e in molti suoi aspetti così drammatico per la storia repubblicana, l’opera di Mauri offre un osservatorio al tempo stesso inedito e privilegiato: tanto più che l’intellettualità dell’artista vi esplode e vi rifulge in tutto il suo vigore anche nella valenza politicamente predittiva dei lavori e del linguaggio straordinariamente innovativo che li connota. Mauri ha avuto con l’Abruzzo un rapporto speciale e fecondo, contrassegnato principalmente dalla sua ventennale docenza di Estetica della sperimentazione all’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, città nella quale peraltro realizzò diverse performance. Un rapporto – mi piace ricordare – che nel 2000 ha coinvolto la stessa Fondazione Menegaz, quando Mauri visitò Castelbasso – dove ebbi la gioia di conoscerlo – in occasione di Trasalimenti, la mostra in omaggio all’arte di Tullio Catalano”
A palazzo Clemente ha trovato spazio quest’anno un artista abruzzese di nascita (Pescara, 1979) ma di livello internazionale come Matteo Fato. Attraverso il progetto Sarà presente l’artista, Fato prende spunto da un antico ritratto di un astronomo, presente nella Collezione permanente della Fondazione, per costruire una riflessione sul modo di osservare (e quindi percepire) la realtà. Da questo punto di partenza si snoda il percorso espositivo della mostra, a cura di Simone Ciglia, che comprende opere di autori dal secondo Ottocento al Novecento – fra cui Boille, Festa, Michetti, Spalletti, Turcato – posti in dialogo con le opere di Matteo Fato a palazzo Clemente.