Roma. Giubbotto di pelle e camicia scura, Pietro Orlandi si è presentato, insieme all’avvocata Laura Sgrò, in Vaticano, per il previsto incontro con il promotore di giustizia Alessandro Diddi. Prima di entrare, verso le ore 15, poche parole ai giornalisti: “Oggi è il grande giorno.” Com’era prevedibile, il colloquio con il magistrato d’Oltretevere è stato lungo, attesa la quantità e le complessità delle problematiche da affrontare. Almeno quattro, in particolare, le questioni da chiarire, emerse nei giorni scorsi.
Messaggi misteriosi
Messaggi WhatsApp scambiati tra due alti prelati circa dieci anni fa, poco dopo l’elevazione di Bergoglio al soglio pontificio. Messaggi che fanno riferimento a Emanuela Orlandi, forse decisivi ai fini dell’indagine oggi riaperta. Tra gli interlocutori, ci sarebbe il cardinale Santos Abril y Castelló, arciprete emerito della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore.
Testimoni
Nei giorni scorsi, Orlandi e Sgrò hanno preannunciato l’intendimento di chiedere che vengano ascoltate alcune persone forse a conoscenza di elementi potenzialmente utili all’inchiesta. I cardinali Giovanni Battista Re, Leonardo Sandri e Stanislaw Dziwisz, il segretario storico di Giovanni Paolo II, l’arcivescovo Georg Gänswein, segretario di Benedetto XVI, e l’ex comandante della Gendarmeria Domenico Giani.
Una “trattativa”?
Giani è stato chiamato in causa alcune settimane fa proprio da Pietro Orlandi, a proposito della presunta conoscenza del luogo di sepoltura di Emanuela. Voce, questa, a quanto si legge sul Corriere della Sera, nata dalle indiscrezioni dello stesso Pietro – non confermate dai diretti interessati – su una vera e propria “trattativa” che si sarebbe svolta nel 2012, tra l’allora procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo e i vertici della polizia vaticana. Nel corso della trasmissione DiMartedì, Pietro ha dichiarato in proposito: “Uno dei magistrati, il dottor Capaldo, pochi anni fa ha avuto un incontro con due rappresentanti dello Stato vaticano, il comandante della Gendarmeria e il suo vice. In quel momento si parlava della sepoltura di De Pedis. Il Vaticano voleva che la magistratura togliesse De Pedis da Sant’Apollinare perché questo imbarazzava molto la chiesa e Capaldo in cambio chiese un aiuto per la questione di Emanuela: in particolare, se morta, la restituzione del corpo. E la risposta non è stata ‘Come si permette!’ ma ‘Va bene’, purché la Procura […] imbastisca una storia verosimile che tolga qualsiasi responsabilità al Vaticano.”
La “pista inglese”
Ulteriore questione verosimilmente affrontata nel corso del colloquio, quella che è stata definita, nei giorni scorsi, la “pista inglese”. Una traccia già emersa nel 2017, in seguito alla pubblicazione di una nota-spese – comunemente ritenuta falsa – secondo la quale il Vaticano avrebbe corrisposto 483 milioni di lire per l’assistenza di Emanuela fino al 1997, e tornata oggi all’attenzione dei media grazie a un “documento riservatissimo” pervenuto al Corriere della Sera, che menziona un trasferimento della cittadina vaticana a Londra (zona South Kensington), dopo il rapimento e una tappa in Sardegna “su iniziativa di agenti dormienti di Gladio”, la struttura stay-behind promossa dagli Stati Uniti all’epoca della Guerra Fredda. “Porteremo anche la documentazione in cui si parla della permanenza di Emanuela in Inghilterra, è una documentazione che va analizzata, anche per capire se è attendibile”, aveva preannunciato nei giorni scorsi l’avvocata Sgrò. Ciò, prima che, sempre nel corso della menzionata trasmissione DiMartedì, Pietro dichiarasse: “Uno dei documenti che sicuramente presenterò al Promotore di giustizia è una lettera scritta in inglese tra il cardinale Poletti [all’epoca dei fatti, vicario di Roma, che fornì il nulla osta alla sepoltura del boss Enrico De Pedis a Sant’Apollinare, ndr] e un altissimo rappresentante della chiesa inglese. L’arcivescovo di Canterbury nel ’93 scrive a Poletti dicendo ‘ho saputo che lei in questo momento sta a Londra… Riguardo la questione di Emanuela Orlandi forse è il caso che ci incontriamo direttamente’.”
“Fermo invito a non tacere nulla”
La parola passa, ora, alla magistratura vaticana. “Ci sono indubbiamente indagini da svolgere e aspetti da approfondire, anche dando seguito alle istanze più volte formulate dalla famiglia Orlandi”, considera il promotore di giustizia Alessandro Diddi in un’intervista al Corriere. “Tuttavia, il profilo che più merita di essere sottolineato è che, sia il Santo Padre che il Cardinale Pietro Parolin, mi hanno concesso massima libertà d’azione per indagare ad ampio raggio senza condizionamenti di sorta e con il fermo invito a non tacere nulla. Ho il mandato di accertare qualunque aspetto in uno spirito di franchezza, di ‘parresia’ evangelica e tale approccio è ciò che più conta. Questo è l’atteggiamento con il quale stiamo affrontando il caso Orlandi.”
Riferendosi alla recente istituzione della commissione bicamerale finalizzata, a sua volta, a riesaminare il caso, Diddi aggiunge: “Ho appreso che la commissione di inchiesta italiana ha il compito – anche attraverso attività rogatoriali – di chiedere alla magistratura vaticana informazioni e approfondimenti che forniremo con estrema franchezza nell’ottica della mutua collaborazione. Sulla scorta di tali premesse, desidero fermamente ribadire l’auspicio che all’esito di questo comune sforzo un giorno possa emergere la verità.”
E, a proposito dell’attività investigativa già svolta: “Posso dirle che in pochi mesi sono state effettuate verifiche non espletate in 40 anni che mi hanno consentito di analizzare aspetti molto significativi. […] Su alcuni documenti probatori non dovranno più insinuarsi equivoci, non ci potranno essere ombre sulle quali possa continuare ad addensarsi un alone di mistero. Se non svolgerò le attività di indagine accuratamente – anche se per quelle a cui ho accennato opererò all’interno del Vaticano – sarò sotto gli occhi di tutto il mondo. E non voglio assolutamente che si possa pensare che, in qualche modo, abbia preservato qualcuno o coperto qualche situazione. Questo rischio non lo voglio correre, non me lo posso permettere. In Vaticano conoscono tali mie prerogative e ho raccolto ampie garanzie poiché siamo accomunati dagli stessi intenti.”
Una pagina di storia
“Abbiamo depositato una memoria, il Pm sta facendo il suo lavoro, credo che siano in una fase di approfondimento di questa memoria e della documentazione rilasciata in precedenza.” È quanto dichiara l’avvocata Laura Sgrò alla stampa, mentre Pietro Orlandi si trova ancora a colloquio con il promotore di giustizia. Il fratello di Emanuela, riporta Leggo, ha incontrato Diddi in qualità di “testimone”, dunque la presenza di un difensore non era necessaria.
“Il promotore sta facendo il suo lavoro, Pietro mi ha detto poco fa che ne avrà ancora per un po’”, “sicuramente è un momento importante dopo tanti anni anche dopo le parole che abbiamo letto stamattina in cui il promotore diceva che il Santo Padre ha dato piena libertà nelle indagini”, aggiunge l’avvocata.
“L’augurio nostro”, prosegue, “è che finalmente si possa fare luce su questa vicenda e che si possa davvero scrivere una pagina di storia. Questo lo dico anche da cittadina perché oggi ho letto della volontà del promotore di voler collaborare anche con la giustizia italiana e questa è storia: sarebbe la prima volta nella storia italiana in cui il Vaticano e l’Italia, avvalendosi del Concordato, davvero in uno scambio reciproco possano mettere a disposizione l’uno dell’altro gli elementi che hanno a disposizione, per Emanuela, per questa famiglia nonostante siano passati 40 anni.”
Nella memoria depositata, spiega, “abbiamo raccolto un po’ di elementi da un po’ di tempo a questa parte, sono frutto di un lavoro di indagini difensive, l’abbiamo messa a disposizione del promotore ora tocca a lui fare le indagini adeguate, valutare la fondatezza e la completezza e soprattutto rimettere insieme tutti i pezzi del puzzle. Questa mattina abbiamo letto pure che avrebbe trovato delle carte impolverate e questa cosa è bella visto che fino a questo momento il Vaticano ha sempre detto di non avere fascicoli e incartamenti quindi siamo fiduciosi nelle carte impolverate.”
Le è stato inoltre chiesto quali indagini potrebbe svolgere il pm vaticano: “Sicuramente ha a disposizione degli archivi cui noi non abbiamo mai avuto accesso, quindi l’augurio è che questi ventilati dossier di cui si parla da molti anni di fatto possano saltare fuori.”
“Sono sereno”
“Sono sereno perché ho finalmente potuto illustrare tutte le cose che andrebbero approfondite. Diddi mi ha assicurato che la sua volontà è quella di andare fino in fondo nella ricerca della verità, senza fare sconti a nessuno.” E’ quanto dichiara alla stampa Pietro Orlandi al termine della sua deposizione, durata oltre otto ore.
“Ho parlato della trattativa avvenuta sulle indagini e dei documenti che ho in mano, della questione della pedofila che coinvolge alti prelati e di come queste cose potrebbero essere collegate. Ho trovato in Diddi molta disponibilità e l’intenzione di collaborare con la magistratura italiana.”
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