L’Aquila. “Ma allora perché non fate lavorare Iannini?”. A intimare così al telefono con un avvocato di un consorzio di ricostruzione è il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, e questa è l’intercettazione telefonica che lo ha messo nuovamente nei guai, come si legge nell’avviso di conclusione delle indagini che gli ha recapitato qualche giorno fa la procura della Repubblica del capoluogo. Un’indagine che, dopo un iter durato quasi due anni, e la previsione di sconquassare di nuovo l’amministrazione comunale già messa alla prova da altre inchieste, è arrivata finalmente a chiarimento con una serie di contestazioni, ma anche alcune richieste di archiviazione. Il primo cittadino del capoluogo è indagato assieme al funzionario comunale Fabrizio De Carolis, entrambi per induzione indebita a dare o promettere utilità, la cosiddetta concussione depotenziata, nel caso di Cialente contestata in due casi. Nel primo caso l’induzione è solo tentata, proprio quello che riguarda il subappalto da affidare al costruttore Eliseo Iannini nella ricostruzione di un aggregato da 178 appartamenti e 63 milioni di euro, negato dal legale Egidio Rosati. Nell’altro episodio, secondo i pm, il reato si è effettivamente consumato, con lo sblocco di contributi per circa 2,7 milioni di euro alle società PalomarConsta caldeggiato da Cialente a De Carolis e avvenuto senza che queste avessero le carte in regola per ottenere i fondi, in particolare la certificazione dell’avvenuto pagamento ai subappaltatori. Cialente ha preteso “un’accelerazione”, come scoperto sempre grazie al telefono sotto controllo, e preteso che il funzionario pagasse “almeno la metà” e così è avvenuto. Per l’imprenditore aquilano Eliseo Iannini così come per l’altro indagato originario, Piergiorgio Ruggieri, è stata richiesta l’archiviazione, anche se il pubblico ministero titolare del fascicolo, Stefano Gallo, attuale facente funzioni al vertice degli uffici inquirenti aquilani, elenca una serie di casi che testimoniano uno stretto rapporto Cialente-Iannini.