Pescara. Assolta “perché il fatto non sussiste” dalle accuse di omicidio aggravato del figlio neonato e di occultamento di cadavere in concorso. Condannata a 2 anni di reclusione, pena sospesa, per calunnia nei confronti di un amico e dell’ex marito. E’ la sentenza emessa dal gup del tribunale di Pescara, Nicola Colantonio, nell’ambito del processo con rito abbreviato a carico di Paola Palma, 24 anni, di Civitaquana (Pescara). Il pm Andrea Papalia aveva chiesto una condanna a 16 anni. L’imputata, assistita dall’avvocato
Cinzia Marganella, è stata inoltre condannata a risarcire i danni, in separata sede, all’ex marito, costituitosi parte civile. I fatti risalgono a un periodo compreso tra fine gennaio e metà febbraio 2014. La tesi dell’accusa era che la ragazza, giunta al settimo-ottavo mese di gravidanza, anche agendo in concorso con altre persone non ancora identificate, avesse provocato la morte del figlio neonato immediatamente dopo il parto o, comunque, del feto durante il parto e successivamente ne avesse occultato il cadavere.
L’imputata, che per questa vicenda è stata anche arrestata, è stata inoltre accusata di calunnia in quanto, pur sapendolo innocente, avrebbe incolpato un amico dell’omicidio e dell’occultamento. Nello specifico la donna, in una denuncia del maggio 2014 nei
confronti del marito, avrebbe dichiarato che, giunta al settimo-ottavo mese di gravidanza, a seguito di un’emorragia o, comunque, di una vistosa perdita ematica asseritamente conseguente a un’aggressione da parte del marito, avrebbe chiesto aiuto a un amico, il quale l’avrebbe portata immediatamente a casa sua e, dopo averle praticato una puntura per l’anestesia, l’avrebbe aiutata a partorire un bambino che sarebbe nato già morto. La ragazza, inoltre, non solo avrebbe accusato l’uomo di avere occultato il cadavere del neonato, ma avrebbe anche riferito, sempre falsamente, secondo l’accusa, di avere successivamente incontrato casualmente l’amico, il
quale l’avrebbe minacciata di non riferire nulla e di non fare il suo nome.


