L’Aquila. Non ha seguito il corso previsto per gli incarichi direttivi che possono essere assegnati solo ai magistrati che lo hanno frequentato: per questo il Tar del Lazio, competente in materia, ha annullato la nomina di Pietro Mennini a procuratore generale della Corte d’Appello dell’Aquila, a seguito del ricorso, contro il Consiglio superiore della Magistratura e il ministero della Giustizia, di Antonio La Rana, attuale procuratore generale vicario a Campobasso. “La decisione assunta dal Csm ¬ dice all’ANSA il difensore del ricorrente, l’avvocato Salvatore Di Pardo – è di una gravità inaudita perché sistematicamente e deliberatamente per motivi incomprensibili ha scelto di violare quanto stabilito dal legislatore ai fini della strutturazione della mappa giudiziaria del Paese”. Dal canto suo, secondo quanto si è potuto apprendere, il Consiglio Superiore della Magistratura ha già deciso di impugnare la decisione del Tar del Lazio davanti al Consiglio di Stato.
Il Csm, si è appreso, chiederà anche la sospensiva della decisione del Tar per Mennini perché possa restare in carica fino alla sentenza definitiva. In particolare, il Testo Unico che detta le nuove regole per le nomine, approvato dal Csm il 28 luglio del 2015, consente, per i dirigenti, di procedere in via transitoria alla nomina anche senza la frequenza di quel corso. Secondo i giudici del Tar del Lazio (presidente Rosa Perna, consigliere estensore Roberta Cicchese e referendario Lucia Maria Brancarelli) la legge sull’obbligo dei corsi (art. 26 bis del d.lgs 31 gennaio 2006, n.26) è primaria rispetto alla norma del 2015. L’avvocato Di Pardo, difensore del magistrato La Rana, sottolinea infine che tutte le nomine di tutti i più importanti uffici giudiziari dal 2015 a oggi sono state fatte in base a bandi che non applicano il principio dell’articolo di legge che prevede il corso per la dirigenza.
