Pescara. Nel 167esimo incontro della rubrica “Dialoghi, la domenica con un libro” è stato presentato il libro “Un’altra donna” (UTET) di Jennifer Guerra (scrittrice, giornalista e studiosa di tematiche di genere, femminismo e diritti LGBTQ+). Con l’autrice hanno discusso Marielisa Serone D’Alò e Benedetta La Penna (attivista femminista intersezionale e speaker radiofonica).
Serone D’Alò ha detto: “Mi sono divertita e mi ha appassionato particolarmente leggere questo testo, ho ritrovato luoghi e citazioni che per me sono felici, come Simone de Beavoir. C’è il divenire che si accosta al tema del desiderio, la possibilità, il transito che mi riporta alla figura del demone socratico che vive nell’attrazione tra il bene e il male”.
Per La Penna “Jennifer è una giornalista femminista che da quando ho conosciuto ho sempre amato, una voce giovane, fresca ma soprattutto puntuale. Questo libro cerca di rispondere alla domanda chiave al centro del dibattito nel femminismo, ovvero che cos’è una donna. Il concetto di donna va oltre la biologia, la cultura, la politica, la società”.
Guerra ha spiegato: “La collana in cui è stato pubblicato il libro mira a dare una definizione di parole chiave del nostro tempo. La parola scelta è donna. Se ci atteniamo al campo dei dizionari ci accorgiamo quanto stia cambiando. Il dizionario Cambridge non la definisce più solo ‘femmina, adulta, di essere umano’, e il cambiamento ha fatto rumore e indignazione. Il fatto che sia stata modificata la definizione di uomo è passato in secondo piano, e questo si accoda a tutta una serie di tendenze riguardo la cancellazione della donna. Il libro si chiede se in un contesto in cui la definizione di femminile è oggetto di così tanti ripensamenti e se siamo arrivati ad elaborare teorie che postulano il superamento dei generi, non avremo più in futuro bisogno della parola donna. Secondo me continueremo ad averne bisogno, perché l’idea di donna e soprattutto di femminile è il presupposto di un’alleanza trasversale con i cosiddetti secondi sessi, basata sul fatto di essere sempre definiti da qualcun altro, ovvero dagli uomini. Si può così superare così la grande contraddizione del femminismo, che si fonda su un’identità che vuole distruggere. Le definizioni sono necessarie in un processo di liberazione, anche delle donne. Quello che attribuiamo al genere maschile o al genere femminile, considerandolo la normalità, non lo è, le nostre idee al riguardo funzionano solo nel tempo presente. E’ vero solo in parte che siamo in una fase di grande confusione e cambiamento, ci sono stati momenti simili in passato. Anche nell’Ottocento i movimenti per il suffragio sono partiti da uno sforzo di immaginazione. La cultura occidentale ci ha abituato a concettualizzare la donna per difetto, in realtà se adottiamo al riguardo un’idea di eccedenza arriviamo a uno spazio per l’immaginazione, per costruire qualcosa di diverso, come ha fatto il femminismo nella storia. Questo è per così dire il gioco del libro, il fatto che la donna non possa essere definita una volta per tutte la definisce. Per utilizzare accostamenti alla mitologia e citare Malabou, le donne, accomunate dalla condizione di subire violenza, non sono tanto come la fenice che rinasce uguale a se stessa alle ceneri, ma più simili alla salamandra che nel momento in cui le viene tagliata la coda questa ricresce in una maniera diversa. E’ la trasformazione la resistenza alla violenza”.
La registrazione del dialogo è disponibile qui https://www.facebook.com/ michelefina78/videos/ 259361333356777