Nel 168esimo incontro della rubrica “Dialoghi, la domenica con un libro” Michele Fina ha presentato con l’autore il libro “Metamorfosi della globalizzazione. Il ruolo del diritto nel nuovo conflitto geopolitico” (Laterza) di Alfredo D’Attorre (professore associato di filosofia del diritto e membro della segreteria nazionale del Partito Democratico).
Fina ha detto: “Il libro di D’Attore si basa su una serie di premesse. La teoria della fine della storia non si è avverata, le culture reazionarie hanno acquisito nuovo vigore. Ci si chiede se fosse inesorabile che l’Occidente che ha goduto per secoli di un primato dovesse cedere terreno o se la nuova fase potesse essere gestita in altro modo. Gli scontri in Francia ci indicano che siamo solo all’inizio di una crisi che crescerà. La politica si è interrogata su come imbrigliare in un diritto di nuovo conio fenomeni globali ma nonostante le esperienze positive questo tentativo sembra essere arretrato, così come l’obiettivo del diritto internazionale di costruire pace”.
D’Attore ha spiegato che il suo libro “analizza la trasformazione della globalizzazione con le categorie della mia disciplina ma si presta anche a una lettura più politica. Dalla cosiddetta iperglobalizzazione, con l’ambizione di preminenza dell’Occidente, è emersa una nuova competizione tra grandi potenze. Era illusoria l’idea che il resto del mondo si sarebbe adeguato al nostro sistema ma non di non certa interdipendenza su vari temi. Il nucleo rimane, va affrontato con strumenti diversi rispetto al globalismo giuridico”.
L’autore ha ricordato alcuni caratteri della prima fase della globalizzazione: “Le idee della ritirata degli Stati, del mercato globale che si autoregola, dell’economia unifica il mondo: questo assetto dietro al quale c’era l’egemonia degli Stati Uniti ha prodotto fenomeni non calcolati. Molti Paesi si sono deindustrializzati, si è persa occupazione, si è sbilanciato il rapporto tra lavoro e capitale, con la distruzione di pezzi grandi di ceto medio nei Paesi occidentali. E’ stata la conseguenza di una globalizzazione non regolata.
C’era l’idea che non ci fossero alternative, in realtà quel tipo di globalizzazione era frutto del fatto che alcune forze sociali avevano prevalso. Il problema è che non ci sono stati limiti, e questo ha portato a squilibri crescenti che hanno finito con l’indebolire anche l’Occidente, dal punto di vista ideologico rispetto al resto del mondo, oltre che economico e demografico. Dobbiamo interrogarci sui correttivi necessari. Oggi in questa crisi tornano la politica e il ruolo degli Stati, il rischio è che si arrivi un’altra forma di guerra fredda.
Nel vecchio schema concettuale contrapponevano globalizzazione e Stato, oggi dobbiamo immaginare una nuova forma di globalizzazione in cui vengano riconosciuti il ruolo degli Stati e un nuovo equilibrio tra sovranità e diritto internazionale. L’assetto egemonico degli Stati Uniti è sfidato, la transizione al mondo multipolare è rischiosa. Il diritto internazionale deve innanzitutto riformare le istituzioni a cominciare dalle Nazioni Unite, il cui assetto risale alla fine della seconda guerra mondiale. Il multilateralismo può esistere oggi solo col multipolarismo, dobbiamo cominciare con il riconoscere questo. Il diritto a quel punto non sarebbe più fattore di omogeneizzazione, piuttosto di comunicazione. Poi occorre un processo di consolidamento di un nucleo europeo che avrebbe molto da perdere dalla radicalizzazione della guerra fredda e da guadagnare da un assetto internazionale multipolare. Il nostro scopo deve essere far capire il senso e vantaggio di questa strada di integrazione, un’Europa in cui torni il ruolo della politica. Altrimenti c’è persino il pericolo che venga messo in discussione l’euro”.
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