Pescara. “Se una notte a Parigi una tedesca e un italiano” (Giunti Edizioni) è il libro presentato nel 164esimo incontro della rubrica “Dialoghi, la domenica con un libro”. Si sono confrontati Giovanna Di Lello (direttrice del John Fante Festival “il dio di mio padre) e l’autore Federico Iarlori (giornalista e scrittore).
Di Lello ha ricordato che Iarlori “è originario di Ortona, vive da molti anni in Francia. Lavora come editor e traduttore e ha scritto diversi libri, è stato protagonista della divertente serie web Ritals sugli italiani espatriati a Parigi. Questo romanzo è molto divertente, la storia è narrata in prima persona da un protagonista trentenne che dopo la laurea decide di andare nella capitale francese.
Qui lavora nella redazione di un giornale e si innamora del suo capo, una tedesca, si fidanza con lei venendo licenziato per scongiurare il conflitto d’interesse. Vanno a vivere insieme e hanno un figlio. La storia è scritta bene, con moltissima ironia anche se amara, perché parla di un disadattamento e di uno scontro tra culture. E’ un romanzo anche politicamente scorretto, volutamente costruito su pregiudizi e stereotipi per mettere in evidenza le differenze tra le culture europee. Il romanzo è autofiction, si ispira alla vita di Federico. Il protagonista è un sognatore, un sentimentale, desidera ciò che non può ottenere, un po’ anti – eroico. Ricorda l’Arturo Bandini di John Fante. Dall’Italia espatriano ogni anno 120mila persone e in pochi fanno ritorno, è un problema di fondo. Molto bello il passaggio finale quando il protagonista sembra azzerare i pregiudizi accompagnando la narrazione di un figlio italo – franco – tedesco”.
Iarlori ha rivelato di avere scoperto Fante “dopo la scrittura del romanzo rendendomi conto dei punti in comune. E’ stato un sogno e un caso. Il libro mi è costato anche molte critiche, il protagonista può persino risultare odioso ma ho cercato di essere il più sincero possibile. Quando sono arrivato in Francia uno dei principali ostacoli è stato quello della diversità del modello femminile rispetto a quello che avevo conosciuto in precedenza. Questo scontro fa parte di un processo di maturazione: la prima reazione è stata la paura.
Sono sempre stato un esterofilo e in particolare un francofilo, inizialmente per così dire non volevo guardare le cose per come erano. Facendo la serie Ritals in cui il protagonista vive l’espatrio in modo negativo ho iniziato a notare che molte delle circostanze che lui nota sono vere, così come altre a cui ho cominciato a fare caso quando ho avuto il mio primo figlio. Non mancano in Francia pregiudizi infondati contro le altre culture, compresa quella italiana. Il nostro Paese dal francese medio è considerato da terzo mondo. Quella degli espatri degli italiani è una situazione preoccupante, quello che posso dire dalla mia esperienza è che in Francia si dà molta importanza al welfare di cui io stesso ho usufruito. Dal punto di vista della famiglia va notato che a Parigi i sostegni permettono ai genitori con figli di avere entrambi un lavoro, nel resto del Paese è un po’ diverso ma comunque la rete sociale fa sì che in Francia si facciano molti bambini. Il sistema della scuola pubblica è forse un po’ elitario, favorisce chi nasce nei quartieri più benestanti. Per il padre protagonista il trauma della nascita del figlio, una sorta di archetipo di bambino europeo, è il mezzo per approdare a uno stato di coscienza più evoluto, ed è anche una speranza”.