Chieti. Dopo un mese dall’arrivo dei commissari liquidatori nell’istituto Mario Negri Sud sono arrivate le lettere di licenziamento collettivo dei circa 100 dipendenti rimasti in forza nel centro di ricerca scientifica, farmacologica e di base. Si mette fine così ad un periodo di incertezza che si era aggiunto all’angoscia dei lavoratori che da 19 mesi non ricevono lo stipendio. Senza la comunicazione della cessazione del rapporto lavorativo infatti i dipendenti non potevano neanche accedere al sussidio di disoccupazione o iscriversi alle liste di collocamento. La lettera di licenziamento tuttavia apre un iter burocratico che dovrebbe concludersi nelle prossime settimane. Il licenziamento deve essere infatti recepito dalle organizzazioni sindacali che dovranno poi avvalersi degli strumenti di legge per le procedure da avviare. Intanto dal presidio degli ex dipendenti del Negri Sud arriva una nota che spiega le ragioni della protesta: “Da più di un mese la Fondazione Mario Negri Sud non esiste più”, recita la nota, ” Il 13 marzo si sono installati i commissari liquidatori e, ad oggi, hanno espletato la formalità più semplice: la lettera di licenziamento collettivo. È l’unico risultato concreto finora raggiunto e i lavoratori si trovano nel paradosso di esserne soddisfatti, perché, dopo un anno e mezzo senza retribuzione, potranno accedere all’indennità di disoccupazione. Tuttavia non hanno ancora la certificazione unica (Cu, ex Cud), né buste paga da novembre 2013, e non sanno se potranno entrare in possesso del TFR. Intanto chi ha provocato tutto questo è già in altri luoghi, impegnato in altri lavori o in campagna elettorale”. “I lavoratori”, prosegue il comunicato, ” in presidio permanente davanti al cancello dell’ex fiore all’occhiello della Regione Abruzzo, chiedono solo ciò che spetta loro: rispetto e giustizia. Esprimono inoltre preoccupazione per i potenziali pericoli che possono derivare dal materiale biologico, chimico e radioattivo ancora presente nei locali dell’istituto, e ricordano che al suo interno sono presenti ancora oltre 200 cavie da laboratorio, e che migliaia di pazienti arruolati nei trial clinici improvvisamente interrotti attendono ancora risposte”. Il rischio chimico-biologico dell’istituto è dovuto alla brusca interruzione di tutte le attività di ricerca. Il materiale biologico e cellulare utilizzato nella struttura per la ricerca, tra cui anche plasma e derivati del sangue umano rischia di deteriorarsi. I ricercatori lavoravano anche con materiale radioattivo e cellule con virus in carico con una gradazione di rischio che arriva fino a tre su quattro. Tutto il materiale deve quindi essere smaltito in sicurezza e l’istituto deve essere bonificato, operazioni che richiedono tempo e denaro. Anche i 200 topi ancora ospitati nella struttura vanno in qualche modo collocati. Si tratta di cavie allevate per i laboratori scientifici che attualmente sono ancora nutrite con speciali mangimi molto costosi e la cui gestione richiede la presenza di uno stabularista. Intanto venti ex dipendenti dell’istituto hanno presentato nei giorni scorsi il quarto esposto in Procur, dopo quelli consegnati dalle organizzazioni sindacali e dal commissario straordinario Luciano Fratocchi, sulla vicenda del fallimento del Negri Sud.