Firenze. Il procuratore Luca Turco e la sostituta Beatrice Giunti hanno rigettato la richiesta dei familiari delle vittime uccise a Scandicci nel 1981 e a Scopeti nel 1985, di riaprire le indagini sul 93enne Giampiero Vigilanti, ex soldato della legione straniera francese, già in passato all’attenzione degli investigatori come possibile soggetto coinvolto nei delitti del Mostro di Firenze.
Secondo i magistrati non sussistono nuovi elementi idonei a giustificare una ulteriore inchiesta. “Le nuove investigazioni”, si legge nel provvedimento, “potrebbero anche in ipotesi esitare in modesti risultati che, tuttavia, valutati unitamente al materiale preesistente certamente utilizzabile devono essere in grado di giustificare un sostanziale ribaltamento del quadro indiziario, secondo la regola propria al regime della prova indiretta espresso nell’antico brocardo quae singula non probant et unita probant.”
Secondo gli avvocati che assistono i parenti delle vittime, Vieri Adriani, Valter Biscotti e Antonio Mazzeo, la richiesta di riapertura delle indagini proposta nel marzo 2022 si basa su elementi balistici, genetici e testimoniali che meriterebbero ulteriori approfondimenti e su altri mai finora presi in considerazione, relativi proprio all’ex legionario pratese. Secondo i magistrati alcune osservazioni troverebbero “risposta negli atti di indagine già svolti” nella precedente indagine del 2017, approdata all’archiviazione nel 2020.
I difensori avevano sollecitato la procura a sentire il 72enne Claudio Marucellli Di Biasi. Come Vigilanti, da giovane vicino all’estrema destra, avrebbe riferito a suor Elisabetta che il legionario sarebbe stato l’organizzatore di campi paramilitari in Calvana e uno dei responsabili dei delitti del Mostro. Proprio suor Elisabetta ha riferito queste confidenze in un’intervista a Stefano Brogioni della Nazione. Da qui la necessità, per gli avvocati, di un confronto tra i due.
La Procura di Firenze considera che non vi sono prove dell’esistenza dei citati campi in Calvana e tenderebbe ad escludere il possibile collegamento tre i delitti del Mostro di Firenze e gli ambienti della destra eversiva degli anni Sessanta-Settanta. Nulla si dice in merito alla richiesta di sentire Marucelli e suor Elisabetta, il che potrebbe indurre i legali a una richiesta di avocazione alla Procura generale.
Certo, il fatto che, dai delitti, sia trascorso tanto tempo, non facilita il compito di chi persevera nella ricerca della verità sul caso, ed è noto quanto esso si presenti complesso da districare, anche per il numero di soggetti coinvolti e per le numerose articolazioni delle indagini effettuate. Alle quali, per un certo periodo, ha dato un contributo anche il Sisde. Nei mesi scorsi, a ridosso dell’istanza presentata dagli avvocati Adriani, Biscotti e Mazzeo, si era menzionato un appunto del Servizio segreto civile, datato 29 novembre 1985 che, relativamente ai delitti in questione, indicava proprio l’ex legionario pratese Giampiero Vigilanti come possibile “Mostro”. La nota era firmata “M.M.”, ma alcune sue parti non risultavano completamente trascritte e dunque la segnalazione era giunta incompleta agli inquirenti. Mancavano, in particolare, l’invito a indagare su di lui, la valutazione sulla sua pericolosità e la presunta disponibilità, da parte del soggetto, di ulteriori armi da fuoco, oltre alla pistola High Standard che risultava detenere ufficialmente dal 1984.
Nella citata istanza di Adriani, Mazzeo e Biscotti, si chiedeva inoltre, che l’impronta dello scarpone repertata sulla scena del delitto di Calenzano (22 ottobre 1981, vittime: Susanna Cambi e Stefano Baldi), venisse comparata con un’altra impronta di anfibio individuata a Scopeti, scena dell’ultimo duplice omicidio del Mostro (7 settembre 1985, vittime: Nadine Mauriot e Jean-Michel Kraveichvili).
E, proprio in riferimento all’impronta di Calenzano, è forse significativo quanto evidenziato dalla Nazione in un articolo del 4 settembre 2020: di essa esisterebbero delle foto e un calco. All’epoca delle indagini sul delitto, non venne presa in considerazione perché attribuita a un carabiniere impegnato nei sopralluoghi. Secondo il quotidiano fiorentino, oggi gli inquirenti hanno messo nero su bianco che l’orma non corrisponderebbe a quella di nessuno scarpone delle forze armate italiane dell’epoca. Risulterebbe essere l’impronta di uno stivale in uso presso l’esercito francese.