Roma. Trentanove anni fa, l’omicida seriale che si aggirava per le campagne toscane e uccideva giovani coppie appartate in intimità praticando atroci mutilazioni alle vittime femminili, ha colpito per l’ultima volta. Una vicenda che, com’è noto, non manca di porre, anche a distanza di tanto tempo, inquietanti interrogativi e che, per molti, è ben lontana dall’essere stata compresa e risolta dalle sentenze di condanna dei cosiddetti compagni di merende.
Dopo l’archiviazione dell’ultimo procedimento ancora pendente, di cui AbruzzoLive ha riferito nei giorni scorsi, il mistero approda di nuovo anche in Parlamento. È quanto si legge su Adnkronos. E si prospetta la possibilità che le nuove tecniche di analisi forense possano apportare un contributo utile all’accertamento della verità.
In un’interrogazione presentata al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, Stefania Ascari, deputata del M5S e componente della Commissione parlamentare sul femminicidio, ha richiamato l’attenzione sulla necessità di sottoporre a specifici esami le tracce di Dna sconosciuto presenti sui pantaloni delle vittime del 1985, Nadine Mauriot e Jean-Michel Kraveichvili.
“Recentemente, tecniche avanzate di genealogia genetica hanno permesso di risolvere numerosi cold cases negli Stati Uniti, inclusa l’identificazione del Golden State Killer”, ha dichiarato Ascari. “Queste, attraverso il confronto dei dati genetici non elaborati, permettono di risalire fino ai cugini di quinto grado, facilitando così l’identificazione di parenti e, di conseguenza, del colpevole.”
La genealogia genetica, osserva la deputata pentastellata, “non è stata ancora utilizzata in Italia per il caso del Mostro di Firenze“, nonostante il suo impiego potrebbe rivelarsi idoneo a fornire “nuove piste investigative e risolvere definitivamente uno dei casi più noti e irrisolti della criminologia italiana.”
“Le nuove tecniche potrebbero essere utili per risolvere altri casi, come quello dell’unabomber friulano”, ha quindi concluso, facendo riferimento all’autore di numerosi attentati dinamitardi nel nord Italia fra il 1990 e il 2000, finora non identificato.
“Assolutamente d’accordo con quanto esposto dalla Deputata, le tecniche scientifiche sono avanti anni luce, rispetto agli anni delle indagini”, ha commentato con AbruzzoLive il reporter e documentarista Paolo Cochi, uno dei massimi esperti del caso. “Faccio presente che i Dna potenzialmente attribuiti al ‘Mostro’ sono due. Oltre a quello dei pantaloni ne esiste un altro. Sono anni che insieme agli avvocati di parte civile ci battiamo in questa direzione.”
“Già due interrogazioni in tal senso sono state presentate nella precedente Legislatura”, prosegue Cochi. “Riteniamo che nelle carte e nei reperti che la Procura custodisce così ‘gelosamente’ vi sia la soluzione del caso. Fino ad oggi, ogni nostro tentativo è rimbalzato contro un muro di gomma.”