Firenze. Il mistero dell’omicida seriale che, tra gli anni Settata e Ottanta, si aggirava per le campagne circostanti Firenze, uccidendo coppie appartate in intimità e mutilando le vittime femminili del pube e in seguito anche del seno sinistro, rimane ancora drammaticamente fitto. A fronte di pronunce giudiziarie che hanno attribuito la responsabilità di alcuni dei duplici omicidi ai cosiddetti “compagni di merende”, emergono spesso elementi potenzialmente idonei a invalidare la verità processuale, che rendono necessari ulteriori approfondimenti in sede investigativa.
Attualmente sembra assumere consistenza la pista del cosiddetto “Rosso del Mugello”, un soggetto avvistato da più di un testimone a ridosso degli ultimi due delitti del Mostro e che potrebbe essere lo stesso uomo su cui, a metà degli anni Ottanta, i Carabinieri svolsero alcuni accertamenti, poi misteriosamente scomparso dalla lista dei sospettati.
Se ne è parlato recentemente nel corso della trasmissione “Far West”,condotta da Salvo Sottile su Rai Tre, cui ha preso parte anche il reporter e documentarista Paolo Cochi, uno dei massimi esperti del caso, da tempo impegnato a percorrere questo “nuovo corso” della vicenda.
Su incarico di un parente di una delle vittime dell’omicida, l’avvocato Alessio Tranfa, penalista romano, a sua volta grande conoscitore della vicenda giudiziaria del Mostro, si è unito a Cochi in questa indagine e ha sottoposto ai magistrati fiorentini una serie di nuovi elementi meritevoli di approfondimento e che potrebbero condurre – questo è ovviamente l’auspicio – a rivelare e comprovare l’identità dell’omicida.
“È assolutamente legittimo che un parente di una vittima chieda accertamenti e offra spunti di indagine”, ci dice Paolo Cochi, “com’è altrettanto doverosa una verifica di determinate situazioni che riteniamo significative.”
Lo abbiamo raggiunto per rivolgergli alcune domande proprio sugli sviluppi più recenti dell’indagine.
Cochi, oltre ad aver consegnato la memoria e gli indizi finora raccolti, cosa chiedete alla Procura?
“Oltre ad aver fornito nuova documentazione utile per approfondire la pista abbiamo chiesto di effettuare ulteriori accertamenti e riscontri mirati. Alla base di tutto c’è l’incarico di un parente di una delle persone uccise in uno dei duplici delitti del mostro per il quale non esiste alcun giudicato di colpevolezza”.
Può essere più preciso?
“Almeno per il momento non possiamo rivelare quali sono gli elementi indizianti già in nostro possesso e il contenuto degli accertamenti richiesti alla Procura”.
Ma può parlarci di qualche sviluppo o retroscena delle ricerche?
“Una cosa posso dirla. C’è un elemento, per ora se volete ad colorandum, ma che potrebbe diventare molto significativo se tutta una serie di altri indizi dovessero essere confermati.”
Di che si tratta?
“Il sospettato mugellano in gioventù frequentava una chiesa del suo paese dove c’era e c’è ancora oggi un quadro/affresco che per chi conosce bene i delitti del mostro può risultare molto inquietante. Si tratta del martirio di Sant’Agata, che per il Cristianesimo è la protettrice delle donne operate al seno poiché per la sua fede le furono amputate entrambe le mammelle.”[1]
Dunque?
“Ebbene, la moglie del sospettato morì appunto di tumore al seno sinistro, come sempre il seno sinistro fu proprio quello amputato alle due ultime vittime femminili del mostro.”
Alle due ultime vittime femminili, Pia Rontini (1984) e Nadine Mauriot (1985), il Mostro amputò il seno sinistro. Questo elemento prospetta, ovviamente, possibili implicazioni di rilevanza criminologica.
“Esattamente. Al processo Pacciani, secondo la Procura il motivo scatenante dell’amputazione del seno sinistro praticata dal mostro alle due ultime vittime femminili, era il fatto che nel 1951, quando Pacciani sorprese la sua fidanzata dell’epoca, Miranda Bugli, in atteggiamenti intimi con Severino Bonini, il quale durante le effusioni amorose estrasse il seno sinistro della ragazza. Nacque così una colluttazione tra Bonini e Pacciani che uccise il rivale con un coltellino che aveva in tasca e che subito dopo, accanto al suo cadavere, ebbe un rapporto sessuale con la fidanzata fedifraga. Entrambi furono processati per omicidio. Questo fatto di sangue, conosciuto come il delitto della Tassinaia, denota una personalità sessuale di Pacciani assolutamente opposta a quella del mostro.”
Giusto. Come peraltro mise in evidenza il criminologo Francesco Bruno nel suo studio sui delitti: dimostrò come il profilo personologico di Pacciani e quello del serial killer non fossero minimamente sovrapponibili.
“Ma questa sinistra assonanza del seno sinistro tra il delitto del 1951 e gli ultimi due delitti del Mostro, fu uno degli elementi in base ai quali la Procura chiese e ottenne l’ergastolo per Pacciani.”
Ora emerge questa ulteriore assonanza, che certo merita di essere vagliata. Prima del duplice omicidio del 1984, a partire dal quale il soggetto iniziò a praticare la mutilazione del seno sinistro della vittima femminile oltre al pube, uscì in edicola un fumetto pornografico palesemente ispirato al caso, in cui l’omicida asportava appunto il seno alle vittime. È assai probabile, per vari motivi, che il Mostro abbia letto questo fumetto. E, chissà, il dato della mutilazione del seno potrebbe averlo sollecitato a procedere a sua volta in tal senso, recuperando ulteriori suggestioni del proprio vissuto, appunto le fantasie legate all’affresco di Sant’Agata.
“L’assonanza tra il seno sinistro amputato alle due ultime vittime femminili e il martirio di Sant’Agata, protettrice delle donne malate di cancro al seno, è alquanto inquietante e ci riporta proprio al profilo psicologico del mostro delineato da Francesco Bruno, secondo il quale il mostro era un moralizzatore, un giustiziere mosso da pulsioni maniacali a sfondo religioso. Anche la tomba del sospettato che ha la lapide rovesciata e che è priva di foto fa pensare.”
Un serial killer “missionario”, direbbero i criminologi Ronald e Stephen Holmes. Personalmente, concordo.
“Ma tutto ciò non è stato inserito nel quadro indiziario proposto alla Procura di Firenze. Per il momento preferiamo rimanere ancorati ai dati oggettivi che, ove confermati, sarebbero corroborati anche da questo elemento.”
Certo, le interpretazioni criminologiche devono essere declinate con la massima cautela, perché potrebbero rivelarsi fuorvianti. Nel processo Pacciani, la Procura e l’investigatore Ruggero Perugini basarono il loro impianto accusatorio su suggestioni da taluni definite “facili”, cercando di delineare la personalità “mostruosa” dell’imputato, più che individuare elementi oggettivi, tracce materiali che direttamente ricollegassero quest’ultimo alle scene del crimine.
“Sì, una personalità ‘mostruosa’ ma di tipo ipersessuale (dal delitto della Tassinaia alle violenze sulle figlie e sulla moglie, dai giornali pornografici al quadro di Olivares che Pacciani aveva solo colorato, dai vibromassaggiatori alle frequentazioni di prostitute) che però era quanto di più lontano, antitetico e in distonia rispetto alla personalità del vero mostro che era un iposessuale e un impotente (Pacciani tutto era tranne che impotente) che nemmeno toccava le sue vittime se non per praticare il macabro rito degli scempi post mortem[2], tristemente noti a tutti e che in quattro casi vide l’asportazione della vulva e in due casi del seno sinistro dopo averle spogliate con la punta del suo famigerato coltello.”
Dunque, non vi resta che proseguire nell’indagine.
Il nostro operato è molto diverso da quello dell’epoca. Non solo manteniamo riservato il nome della persona da noi assistita, ma nemmeno sbattiamo il nome di nessuno in prima pagina.”
[1] Il culto della santa, giovane cristiana vissuta nel III secolo e martirizzata durante le persecuzioni poste in essere sotto l’imperatore Decio, è molto radicato nella zona. A Sant’Agata di Mugello, frazione di Scarperia e San Piero, vi è la pieve di Sant’Agata, documentata fino dall’anno 984, al cui interno è conservato anche un reliquiario (NdR).
[2] Rimandiamo in proposito alla perizia redatta, peraltro su incarico della stessa Procura di Firenze, dal criminologo Francesco De Fazio e dai suoi collaboratori dell’Università di Modena. Recita un passaggio della perizia: “[…] lecito quindi supporre nell’omicida un habitus sessuale connotato da una impotenza assoluta o da una accentuata inibizione al coito” (NdR).