Dai meandri dell’indagine infinita sui delitti del Mostro di Firenze spunta un clamoroso dossier relativo a un soggetto misterioso.
Si tratta di una persona che negli anni Ottanta era stata per un certo periodo all’attenzione dei carabinieri.
Un soggetto di cui si sa poco, ma che sembra avere caratteristiche che, a detta degli investigatori di allora, avrebbero certo giustificato qualche approfondimento investigativo.
In un’informativa dei carabinieri di Borgo San Lorenzo, recuperata dal giornalista e documentarista Paolo Cochi e datata 16 ottobre 1984 si parlava di una Beretta .22 (la stessa tipologia di arma del Mostro) rubata da una locale armeria nel 1965 e mai recuperata e che poteva “essere messa in relazione alle indagini relative alla serie dei duplici omicidi che da anni vengono perpetrati nella provincia di Firenze”.
Possibile possessore della Beretta, nonché sospetto autore degli omicidi, un soggetto allora quarantaseienne, che risulta essere stato denunciato “per reati contro la libertà sessuale”. Secondo l’informativa, costui sarebbe stato sottoposto a perquisizione nel 1966, proprio nell’ambito delle indagini sulla pistola scomparsa e trovato in possesso di armi e munizioni, “nonché di 2 cartucce cal. 22 e 10 bossoli dello stesso calibro”. Il soggetto sarebbe stato poi interrogato e nuovamente perquisito nel 1985 e, da allora, a quanto sembra, non più preso in considerazione come possibile autore dei delitti. Ora, un elemento emerge che, probabilmente, merita approfondimenti: a quanto riportato dai giornali, l’uomo sarebbe stato “contiguo con gli ambienti giudiziari” di Firenze, all’epoca delle indagini. Così, gli organi di stampa.
Se davvero si tratta del Mostro di Firenze è ragionevole supporre che abbia lasciato, nel corso degli anni, qualche altra traccia di sé negli atti dell’inchiesta. Ripercorrendo le indagini sul caso, ci imbattiamo in un’altra persona che ha destato, per un certo periodo, l’attenzione degli inquirenti e che viene spontaneo associare – ovviamente, solo in via ipotetica – al soggetto ora considerato. Si tratta dello sconosciuto che i “mostrologi” definiscono il “rosso del Mugello”, un soggetto che vari testimoni avrebbero visto a ridosso del delitto del 1984 (29 luglio, vittime: Pia Rontini e Claudio Stefanacci) e di cui forniscono descrizioni pressoché del tutto concordanti: si tratterebbe di un soggetto sui 45-50 anni, alto, robusto, con il viso pieno, lineamenti regolari, molto stempiato, con capelli corti, biondo-rossicci. Secondo uno dei testimoni, poche ore prima del delitto, il soggetto avrebbe a lungo osservato, in un bar-tavola calda, i due giovani destinati poi a cadere sotto i colpi della Beretta .22. E, nel tracciarne un ritratto, il teste fornisce ulteriori, significativi dettagli: il soggetto in questione era vestito in modo molto elegante, con un completo beige chiaro, camicia azzurra e cravatta scura. All’anulare della mano sinistra, un vistoso anello, probabilmente con inciso uno stemma. Giorni prima del delitto, un soggetto con medesimi tratti sarebbe stato visto nel bar in cui lavorava Pia Rontini, richiamando l’attenzione per la sgradevolezza dei modi con cui si rivolgeva alle giovani donne presenti.
Passa poco più di un anno, il Mostro colpisce per l’ultima volta, il 7 settembre 1985, vittime Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, giovani turisti francesi. Subito dopo il delitto, l’assassino invia per posta, a un magistrato già impegnato nell’indagine, un frammento di seno della vittima femminile. Come ricostruito da Paolo Cochi, la notizia dell’invio verrà diffusa solo il 26 settembre in una nota Ansa delle 15,27. Lo stesso giorno, però, verso le 13,15, una diciottenne di Borgo San Lorenzo chiede un passaggio per tornare a casa da scuola, non potendo valersi dei mezzi pubblici a causa di uno sciopero. Sale su una vettura celeste, forse una Talbot, guidata da un uomo sui cinquant’anni, alto, robusto, molto stempiato, vestito in modo elegante. Questi, mentre accompagna la giovane, le parla dell’ultimo delitto del Mostro e – prima che la notizia venga resa di dominio pubblico – sembrerebbe fare appunto riferimento all’invio al magistrato della parte anatomica della vittima. Chi poteva saperlo, a parte gli inquirenti e lo stesso omicida? La notizia si diffonde, qualche giorno dopo si presenta alla caserma di Borgo Ognissanti un uomo accompagnato dal suo avvocato. Conferma di aver dato il passaggio alla ragazza e di averle parlato del Mostro, senza alludere alla lettera con il lembo di seno ma, in generale, alle lettere anonime che giungono dopo delitti del genere. Di lui, non si saprà più niente.
Questo soggetto alto, robusto, stempiato, elegante è quello su cui i Carabinieri hanno, nel 1984, imbastito un dossier? E perché l’indagine su quest’ultimo sembrerebbe essersi interrotta nel 1985? In che termini il soggetto in questione sarebbe stato “contiguo con gli ambienti giudiziari” fiorentini, come riportato da diversi giornali?
Per il momento, ovviamente, non conosciamo la risposta a queste domande. Segnaliamo soltanto che, da diversi anni, su Internet, alcuni tra i tanti “esperti” del caso sotto pseudonimo, menzionano un nome che, secondo loro, sarebbe proprio quello del serial killer, a quanto sostengono morto in circostanze mai chiarite, nel gennaio 1986, pochi mesi dopo l’ultimo duplice omicidio. I sostenitori di tale prospettiva interpretativa – che suscita, nel dibattito virtuale cui ha dato vita, un comprensibile scetticismo – non tralasciano neanche di soffermarsi sulla peculiare tipologia di “contiguità” che l’uomo avrebbe vantato con gli ambienti giudiziari fiorentini. È uno scenario credibile? È lui l’uomo del dossier? Chi ha visionato le carte lo sa. Il dubbio, ovviamente, è che possa trattarsi dell’ennesima ipotesi fantasiosa fiorita a ridosso dei delitti del Mostro di Firenze.