Pescara. Ancora da chiarire i contorni della vicenda che ha portato alla morte di Riccardo Zappone, 30 anni, deceduto nella mattinata di ieri all’ospedale di Pescara dopo un arresto cardiocircolatorio seguito all’utilizzo di un taser da parte della Polizia durante le fasi dell’arresto.
Il padre del giovane, Andrea Zappone, intervistato dal quotidiano il Centro, ha sollevato interrogativi sulla gestione dell’intervento: “Era davvero necessario ricorrere a quel tipo di dispositivo? Mio figlio era conosciuto dalle forze dell’ordine, sapevano che era affetto da una patologia psichiatrica. Perché non è stato attivato un trattamento sanitario obbligatorio, come avvenuto in passato?” Aggiunge poi con amarezza: “Farò tutto ciò che è in mio potere per capire come siano andate le cose. Riccardo non aveva problemi cardiaci”.
Il giovane viveva da solo a San Giovanni Teatino e risultava in carico al Centro di salute mentale di Chieti, pur avendo spesso rifiutato le cure. Il padre, docente di musica, ricorda un’ultima telefonata avuta con il figlio poco prima dei fatti: “Era molto agitato. A posteriori mi chiedo se avrei dovuto cogliere quei segnali con più attenzione. Ma chi convive con una persona psicotica sa quanto sia difficile distinguere l’emergenza dalla quotidianità”.
L’autopsia, affidata oggi al medico legale Cristian D’Ovidio su incarico della Procura di Pescara, sarà decisiva per comprendere le reali cause del decesso. Al momento, non risultano evidenze scientifiche di un nesso diretto tra la scarica del taser e l’arresto cardiaco, ma gli accertamenti in corso potranno fornire elementi cruciali.
In una nota ufficiale, la Procura ha ricostruito le fasi dell’intervento: attorno alle 11 di ieri, gli agenti sono intervenuti in seguito a un alterco in strada che avrebbe coinvolto il giovane. Al momento dell’identificazione, Zappone avrebbe opposto resistenza. Per contenerlo, gli agenti hanno utilizzato il taser. Dopo essere stato condotto nei locali della Polizia per gli adempimenti di rito, il trentenne ha accusato un malore. Immediato l’intervento dei sanitari del 118, che ne hanno disposto il trasferimento in ospedale, dove tuttavia è deceduto poco dopo. Le indagini sono ora affidate alla Squadra Mobile, sotto il coordinamento della magistratura pescarese.
Sulla vicenda è intervenuto anche il vicepremier Matteo Salvini, che ha difeso l’operato delle forze dell’ordine: “Il taser non viene utilizzato per gioco, ma solo quando strettamente necessario. Ha già evitato centinaia di tragedie e migliaia di reati. Se mettiamo in discussione ogni intervento della Polizia, rischiamo l’anarchia”.
Più prudente il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha espresso vicinanza alla famiglia: “Si tratta di un episodio doloroso. È nostro interesse accertare con precisione se esista una correlazione tra l’utilizzo del taser e il malore sopraggiunto. Ricordo che il taser è spesso un’alternativa meno letale rispetto all’arma da fuoco. In situazioni critiche come questa, in cui una persona si mostra aggressiva e fuori controllo, può rappresentare l’unico modo per contenere i rischi per tutti”.
Il caso ha aperto un nuovo fronte di riflessione sul delicato equilibrio tra esigenze di sicurezza pubblica e tutela delle fragilità individuali, in particolare nei contesti che coinvolgono soggetti con disturbi psichiatrici.