L’Aquila. “Le disavventure della mobilità della provincia aquilana assumono nel 2023 la sgradevole sensazione di trovarsi a vivere in una porzione del territorio regionale dimenticata e trascurata”. Scrive in una nota la Ggil provincia dell’Aquila.
La mobilità collettiva, sia essa affidata al vettore Regionale Tua che ai Vettori comunali, sconta un deficit di attrattività dovuta ai costi del servizio, oltre che alla qualità degli stessi. Da quasi 20 anni, 240 mesi, 7300 giorni , una delibera di Giunta Regionale ( 478 del 2004 ) concede ad una parte della Regione, che ne beneficia, una condizione tariffaria di vantaggio, attraverso l’istituzione del Biglietto “UNICO” nell’area metropolitana Chieti-Pescara, oggi estesa fin dentro la provincia di Teramo alla città di Pineto. Quella misura, giusta, crea condizioni di economicità per le cittadine ed i cittadini che intendono utilizzare la mobilità collettiva. Un solo biglietto della durata di 90 minuti da utilizzarsi in ogni luogo dell’area, qualunque sia il vettore. Per la provincia aquilana e per i suoi centri attrattori di mobilità collettiva il nulla! 20 ANNI, 240 MESI 7300 GIORNI DI NULLA!
Qui succede addirittura che gruppi di cittadini, lavoratrici e lavoratori, pendolari e turnisti, siano costretti a noleggiare, a loro spese, autobus che consentano loro di lavorare presso l’ospedale dell’Aquila partendo da Avezzano, in orari che purtroppo l’azienda pubblica non garantisce. Condizione che è assolutamente inaccettabile ma che con rassegnazione viene vissuta dai cittadini senza voce. 20 ANNI, 240 MESI 7300 GIORNI giorni di sussidiarietà al rovescio !!! Contribuenti al pari dei fortunati residenti dell’area metropolitana, che però non godono di pari diritto.
Dalle nostre parti addirittura il Pubblico è arretrato a vantaggio del Mercato che nulla ha migliorato nella relazione verso Roma, sia da Avezzano che dall’Aquila. Relazioni da sempre a sevizio del pendolarismo e quindi da riconsiderarsi quali servizi essenziali e pertanto soggette a contribuzione, per rendere definitivamente esigibile il diritto alla mobilità.
Passiamo ad altra modalità: IL TRASPORTO FERROVIARIO. La condizione, se possibile, è ancora più imbarazzante. Reti che rimangono quelle immaginate e realizzate prima dell’Unità d’Italia, addirittura con tempi di percorrenza superiori al secolo scorso, insomma nessuna funzionalità ed efficacia. Il Capoluogo regionale che addirittura per giungere a Roma viaggia verso l’Umbria e da lì, passando per Terni trova finalmente il ventunesimo secolo raggiungendo la Capitale. Bella escursione, bei paesaggi, bellissima archeologia industriale rappresentata dal materiale rotabile, nessuna efficacia e nessuna possibilità di utilizzo per i pendolari, tranne per i pochi coraggiosi che non hanno comunque scelta.
Ed allora chi può sostenerne il costo si muove con mezzi propri. Ma il povero cittadino di questa parte dell’Abruzzo deve attrezzarsi, anche in questo caso, facendo i conti con infrastrutture non adeguate fatte anche di gincane o rettilinei pericolosi. La relazione tra L’Aquila e Pescara, le due maggiori città della Regione, affidata ad una Statale 17 che, nel tratto aquilano, assume tutte le caratteristiche di strada urbana, con tempi di percorrenza dilatati quasi esasperanti. Superata la città ci si affida per gran parte del tracciato ad infrastruttura non adeguata ad una media velocità. Insomma, la sensazione di vivere in un luogo dove si concentrano diverse ‘particolarità’ e “scomodità” si rafforza. Si ha la stessa sgradevole condizione se ci si avventura sulla famigerata e pericolosissima “Superstrada del Liri” che dalla città di Avezzano garantisce le relazioni verso il sud del paese. Tante morti, nessun miglioramento.
Vi sono poi le Autostrade a garantire efficienza, velocità, (a tratti lenta quasi immobile), e sicurezza. Peccato che le stesse prevedano un pedaggio esoso e non sempre alla portata di lavoratrici e lavoratori pendolari, studentesse e studenti e per quanti hanno necessità, meglio dire l’obbligo di utilizzarle per uscire dal perimetro ove risiedono.
Questi i temi che pensiamo dovrebbero avere il concetto di urgenza nell’agenda politica di qualsiasi esponente delle Istituzioni. Ed invece il nulla. Appare più folkloristico mantenere certe aree nell’arretratezza e nell’isolamento, si conservano tratti di attrattività, di colore e modi di vita del passato che tanto attraggono i viaggiatori del resto della Regione, che qui vengono a cercare e trovano il tempo che fu che tanto hanno sentito raccontare. La mistica e bucolica esperienza non trova conclusione ve la racconteremo! Lo proviamo a fare da più di 20 anni, 240 mesi 7300 giorni…… CONTINUEREMO !! “.