L’Aquila – Attraverso misure assolute dell’accelerazione di gravità, un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha registrato ed analizzato le variazioni del campo di gravità terrestre nelle aree del Centro Italia interessate dagli eventi sismici del 2009 a L’Aquila e del 2016 ad Amatrice-Norcia.
I primi risultati, recentemente pubblicati nella rivista ‘Remote Sensing’ e secondo quanto reso noto dall’Ingv, mostrano che tutta l’area presa in esame, nel periodo compreso tra il 2018 e il 2020, è stata interessata da modeste variazioni negative del campo di gravità come conseguenza di una diminuzione di densità nel sottosuolo.
Grosse e significative variazioni positive, invece, sono state registrate nelle due stazioni in Umbria a Terni e in Abruzzo presso il Laboratorio del Gran Sasso, negli intervalli di tempo dal 1954 al 2020 e dal 2005 al 2010.
I risultati sono stati raggiunti attraverso l’analisi di una lunga serie di dati registrati con gravimetri assoluti che hanno compreso anche il lasso temporale in cui sono avvenuti i terremoti del 2009 all’Aquila e del 2016 ad Amatrice-Norcia.
“Queste variazioni gravimetriche – spiega l’Ingv – osservate nel lungo termine sono la conseguenza dei cambiamenti di massa/densità nel sottosuolo nel periodo pre e post sismico.
La gravimetria trova un vasto impiego nell’ambito delle scienze della terra e, in particolare, nei settori della geodesia, della geofisica e della geodinamica.
In ambito geodetico, essa trova applicazione principalmente per la messa a punto dei modelli di riferimento rispetto ai quali si intende definire la posizione di punti della superficie terrestre.
In ambito geofisico è utilizzata soprattutto per la definizione dei modelli di densità e delle superfici di discontinuità sia a livello superficiale che di crosta profonda e di mantello.
In ambito geodinamico, infine, la gravimetria consente di seguire l’evoluzione temporale di numerose categorie di fenomeni capaci di modificare il campo di gravità, tra cui i processi tettonici, i terremoti e il vulcanismo attivo.
Le variazioni gravimetriche, quindi, associate ai terremoti meritano particolare attenzione in quanto possono rappresentare importanti precursori, contribuendo alla definizione di modelli dinamici di accumulo e rilascio di energia.
Essendo le variazioni del campo di gravità sensibili alla componente verticale del campo di deformazione, le misure gravimetriche devono essere associate a misure di deformazione del suolo, al fine di rimuovere l’eventuale effetto deformativo ed avere dal dato gravimetrico corretto solo informazioni sulle variazioni di densità e/o di massa nel sottosuolo.
In Italia, nonostante una lunga tradizione nell’applicazione del metodo gravimetrico in ambiente vulcanico, in grado di fornire informazioni sullo stato di attività dei vulcani nel tempo, questo metodo non è ancora diffusamente applicato in aree sismogenetiche.
I ricercatori, pertanto, auspicano il ripetersi delle misure gravimetriche assolute e delle deformazioni del suolo nei siti dell’Appennino Centrale, possibilmente infittendo la rete di rilevazione.
I risultati raggiunti con i dati raccolti in questi anni, costituiscono, infatti, una base di riferimento nel campo della gravimetria e delle scienze correlate, anche nella direzione di un approccio multidisciplinare per il miglioramento della conoscenza di questa area sismogenetica d’Italia, nonché un valido supporto per la realizzazione della nuova rete italiana gravimetrica/altimetrica di riferimento (G0/H0) che è in fase di realizzazione nell’ambito del progetto Pianeta Dinamico dell’INGV.”