Pavia. Partiamo da quello che, per ora, è lo sviluppo più recente. A diciotto anni dall’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto nella villetta di via Pascoli a Garlasco il 13 agosto 2007 – per il quale è stato condannato in via definitiva il fidanzato della vittima, Alberto Stasi – sono recentemente riemersi elementi che la Procura ritiene meritevoli di approfondimento.
Impronte digitali e tracce genetiche
Tra l’altro, si parla di ben sessanta impronte digitali, rilevate in sede di sopralluogo sulla scena del crimine, e finora non associate ad alcun soggetto. All’epoca, erano state ritenute “parziali”, “non utilizzabili” o, comunque, non idonee a consentire identificazioni. Ora, diciotto anni dopo, verranno sottoposte a varie comparazioni, anche con le impronte di Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi, attuale indagato per il delitto, già all’attenzione degli inquirenti anni fa e ritenuto estraneo ai fatti.
A ciò si aggiungano tracce genetiche rivenute – allora – sotto le unghie di Chiara Poggi che, secondo taluni, risulterebbero compatibili con il Dna di Sempio. E, a quanto ampiamente riportato dagli organi di stampa in queste settimane, varie incongruenze, omissioni, “errori”, “strane negligenze” che invaliderebbero l’indagine condotta allora, rendendo necessari nuovi accertamenti e valutazioni.
I Carabinieri del Nucleo investigativo di Milano sono dunque al lavoro, hanno sottoposto a nuova analisi le impronte digitali rilevate tra agosto e ottobre 2007, alcune delle quali risulterebbero ancora leggibili e quindi utilizzabili a fini di comparazione. Ben conservati anche i “paradesivi”, le pellicole utilizzate per il rilievo delle impronte.
Mercoledì 16 marzo, Andrea Sempio è stato convocato per un ulteriore prelievo delle impronte digitali e palmari, dopo quello effettuato tramite laser scanner il 4 marzo scorso (il 13 marzo si è proceduto invece al prelievo del Dna mediante tampone salivare).
“Ci hanno chiamato lunedì sera, spiegandoci che il vetrino dello scanner con cui erano state prese le impronte con il laser era sporco, quindi non si leggevano bene”, ha riferito ad Adnkronos l’avvocata Angela Taccia che assiste Sempio. “Per questo i carabinieri hanno deciso di riconvocare Andrea per riprendergli le impronte con il metodo classico, quello dell’inchiostro.” È stato dunque ripetuto il rilievo dattiloscopico, “non è stato fatto alcun altro accertamento.” “È un po’ strano”, ha aggiunto, “che si siano accorti più di un mese dopo che le impronte non si leggevano bene.”
“Le persone anche al lavoro mi manifestano la loro solidarietà. Io sono tranquillo”, è stato il commento di Sempio.
Periti e consulenti di parte
Per quanto riguarda il previsto incidente probatorio, il 16 maggio, presso il Tribunale di Pavia, si procederà a conferire l’incarico ai periti: il genetista e Commissario Capo Tecnico Biologo Denise Albani e il dattiloscopista Sovrintendente tecnico Domenico Marchigiani. Lo stesso giorno verrà conferita la nomina anche ai consulenti di parte, il genetista Ugo Ricci (per la difesa di Stasi), Marzio Capra (per la famiglia Poggi), il generale Luciano Garofano (per Andrea Sempio).
Accolta la richiesta di ricusazione, come perito, del genetista Emiliano Giardina, a causa di un’intervista da questi rilasciata alla trasmissione televisiva Le iene il 5 aprile 2017, nella quale lo stesso – già coinvolto come consulente in altri casi giudiziari di particolare risonanza mediatica, tra cui quello dell’omicidio di Yara Gambirasio – aveva espresso considerazioni tecniche sui tracciati elettroforetici oggetto di discussione nel processo d’appello bis contro Stasi.
Nel provvedimento di ricusazione, il Gip ha rimarcato come le dichiarazioni di Giardina, pur non mettendo in discussione la sua competenza e correttezza, “potrebbero compromettere l’apparenza di imparzialità del perito”. Da qui, una scelta atta a garantire “la fiducia delle parti e la regolarità del procedimento.”
I nuovi, previsti accertamenti si concentreranno in particolare sul menzionato materiale biologico ritrovato sotto le unghie di Chiara, da porre in comparazione con il Dna di Sempio e degli altri frequentatori di casa Poggi.
Stasi ottiene la semilibertà
Nel frattempo, Alberto Stasi, nel 2015 condannato in via definitiva a sedici anni di reclusione per l’omicidio di Chiara, ha ottenuto la semilibertà. È quanto deciso dal Tribunale di Sorveglianza di Milano: detenuto presso il carcere di Bollate, il quarantunenne – che già si reca ogni giorno all’esterno perché impegnato a lavorare come contabile – potrà dedicarsi, fuori della struttura, anche ad attività di reinserimento sociale.
Per i giudici del Tribunale di Sorveglianza di Milano, in carcere Stasi ha mantenuto “un comportamento in linea con l’accettazione della condanna”, pur essendosi sempre proclamato innocente e “ha sempre manifestato empatia e sofferenza” verso la vittima. Stasi ha proseguito il suo percorso “in maniera regolare e la capacità di adattamento […] lo ha aiutato anche nelle gestione del lavoro all’esterno” e nella “fruizione dei permessi premio”. Ha così avuto “la occasione” di socializzare con persone esterne al contesto di detenzione ha potuto confrontarsi “con il senso comune, con possibili processi li stigmatizzazione che, invero non sono emersi in modo preponderante.”
Condannato in via definitiva a 16 anni, Stasi è in carcere da 10. Tenendo conto di buona condotta e sconti di pena, la sua liberazione dovrebbe essere anticipata. Ottenuta la semilibertà, tra alcuni mesi potrà chiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali, altra misura alternativa alla detenzione: in tal caso sconterebbe la parte di pena rimanente svolgendo lavori socialmente utili. Aggiungendo a ciò anche la liberazione anticipata, potrebbe finire di scontare la pena nel 2028, al massimo nel 2029.
I genitori di Chiara
“L’abbiamo saputo poco fa”, così la madre di Chiara Poggi ha commentato la notizia della concessione della semilibertà a Stasi. “Proviamo solo, ancora una volta, tanta amarezza. Speriamo solo di non incontrarlo mai.”
I genitori della vittima, del resto, non hanno accolto positivamente neanche la riapertura delle indagini sull’omicidio.
“Non c’è un centimetro di questa vicenda che non sia stato esplorato. Abbiamo già vissuto sette anni di processo. È tutto un déjà-vu”, ha recentemente dichiarato all’Ansa il loro avvocato, Gian Luigi Tizzoni. “Ci sembra più che altro un’inchiesta aperta per scagionare Stasi e trovare un colpevole alternativo. E siccome conosciamo gli atti processuali, tutto quello che sta accadendo ci lascia davvero perplessi. Anzi, non lo accettiamo, perché le sentenze finora pronunciate ce lo impongono.”
Ragazza bionda in bicicletta
Nelle scorse settimane si è tornato a parlare di Marco Muschitta, tecnico dell’Asm (Impianti e Servizi Ambientali Spa), trentuno anni. La mattina dell’omicidio, il 13 agosto 2007, tra le 9,30 e le 10, mentre era impegnato a effettuare controlli sulle centrali dell’acqua a Garlasco, si trovava in via Pavia, nei pressi dell’abitazione dei Poggi, sita in via Pascoli.
In una sua deposizione si legge che aveva notato “una bicicletta che ho visto uscire da una via laterale a sinistra rispetto al mio senso di marcia, mi ha colpito perché non c’era nessun altro veicolo a quanto mi ricordo, perché non procedeva regolarmente ma andava leggermente a zig zag come se il conducente avesse qualcosa di ingombrante nella mano destra.”
“A questo punto”, prosegue la deposizione, “ho guardato con attenzione e ho visto che a bordo di questa bicicletta c’era una ragazza con i capelli biondi a caschetto, con gli occhiali da sole a mascherina scuri come quelli che vanno di moda adesso. Questa ragazza aveva delle scarpe bianche con una stella blu.”
Una dichiarazione, questa, dalla sorte singolare. Su Panorama si legge che, “alla fine del verbale vennero aggiunte delle frasi in cui Muschitta affermava di essersi inventato tutto.”
Nel corso di una conversazione telefonica con il padre – intercettata – questi gli aveva chiesto se avesse detto la verità e lui: “Ho detto quello che ho visto.”
Il testimone avrebbe creduto di riconoscere in una cugina di Chiara Poggi, Stefania Cappa – che all’epoca portava i capelli con foggia analoga – la donna vista quella mattina. Non al momento, ma in seguito, guardando la televisione. In ogni caso, aveva ritrattato tutto, era stato denunciato per calunnia da Stefania Cappa, per poi essere assolto, a quanto si legge sul Secolo d’Italia, “perché il fatto non sussiste”.
Le due cugine
Stefania Cappa ha una gemella, Paola. Figlie di Mariarosa Poggi, sorella di Giuseppe Poggi, il papà di Chiara. Oggi Stefania è un avvocato, la sorella Paola è una food blogger. A ridosso del delitto, anche il loro nome era assurto agli onori della cronaca. In realtà, sembra che negli anni precedenti all’omicidio i rapporti tra le due famiglie non fossero particolarmente stretti e che Chiara avesse intensificato la frequentazione con le cugine solo nei mesi precedenti l’omicidio, in particolare con Stefania che, riporta Leggo, si recava spesso a casa Poggi. Chiara – si legge – avrebbe confidato ad un’amica di ritenere che le cugine la invidiassero per i suoi successi universitari e per la sua vita tranquilla.
Subito dopo il delitto, le due avevano raggiunto la villetta dei Poggi, chiedendo invano di poter accedere all’interno. “Fatemi entrare, per favore. Perché mia cugina era allergica al lattosio, s’era già sentita male una volta. Non vorrei che fosse successo qualcosa di simile”, aveva detto, secondo la Stampa – una delle due.
Nei giorni successivi al fatto, le gemelle avevano lasciato davanti all’abitazione della cugina un mazzo di fiori con una fotografia in cui apparivano tutte e tre. Solo in seguito si era appurato che l’immagine era un fotomontaggio, il che aveva suscitato critiche e sospetti.
Le due avevano rilasciato varie interviste, nelle quali presentavano il loro legame con la vittima come assai profondo: “Era l’orgoglio della famiglia Poggi. Era già laureata, la prima che s’era laureata.” E Paola: “Io sabato ho fatto una stupidaggine. Ho tentato di togliermi la vita… Così. Poi sono riuscita a superare quella crisi grazie alla famiglia. Anche Chiara mi era stata vicino, e non lo dimenticherò mai. Se mia cugina adesso è morta, ho capito che la vita va proprio vissuta fino in fondo. Però, mi dispiace che sia stata lei a insegnarmi questo.”
Nelle dichiarazioni rilasciate, non mancavano valutazioni del delitto e il suo possibile movente: Stefania Cappa escludeva “la pista passionale, perché Chiara non era il tipo, e poi la loro era una storia tranquilla.” Paola Cappa: “Io la penso diversamente. Non la escludo. Potrebbe essere qualcuno che lei respingeva, non il suo fidanzato.”
“Supertestimoni”
Ora anche loro, insieme ad alcuni familiari, verranno riascoltate nell’ambito del nuovo corso dell’indagine. Al quale i giornalisti sembra cerchino di fornire utili apporti.
Il settimanale Giallo ha recentemente riportato la dichiarazione di quello che, con ricorrente iperbole giornalistica, è stato definito un “supertestimone”. Questi avrebbe visto Stefania Cappa nei pressi dell’abitazione di Chiara la mattina del delitto. Con riferimento al 13 agosto, la stessa aveva all’epoca dichiarato di essere rimasta sempre in casa.
Panorama parla inoltre di un collega di lavoro del citato Marco Muschitta che, in un’intercettazione, avrebbe confermato la veridicità delle affermazioni di questi, poi ritrattate, in merito all’avvistamento, nei dintorni di casa Poggi il giorno del delitto, di una ragazza in bicicletta, con i capelli biondi a caschetto.
Tanti spunti investigativi, reperti da riesaminare, dichiarazioni da riconsiderare. Chi può davvero dirsi certo oltre ogni dubbio degli esiti cui finora il caso è pervenuto? Non possiamo che attendere gli sviluppi della nuova indagine, nella speranza che eventuali verità rimaste celate tanto a lungo possano finalmente venire alla luce.