Penne. Fu un omicidio con dolo d’impeto, in seguito al rifiuto della vittima di consegnare del denaro, quello di Gabriele Giammarino, l’80enne ex maresciallo dell’Aeronautica ucciso nella sua abitazione a Penne il 13 settembre del 2015. Dolo l’impeto che, ha evidenziato il pm Mirvana Di Serio durante la sua requisitoria, secondo la Cassazione, è compatibile con l’aggravante della crudeltà che è stata contestata a Mirko Giancaterino, 38 anni di Penne, che oggi è stato condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Chieti. Denaro che secondo l’accusa probabilmente serviva a Giancaterino ad acquistare dosi di stupefacente. Giancaterino, secondo l’accusa, sferrò alla vittima 26 coltellate, ma anche pugni, quindi diede fuoco al materasso che copriva il corpo dell’uomo. Giammarino morì per asfissia per avere inalato fuliggine a temperatura elevatissima. Giancaterino, per l’accusa, fu “freddo, lucido e spietato”.
Contro di lui non solo le immagini riprese da una telecamera di videosorveglianza che si trova lungo la strada in cui abitava la vittima, ma anche la testimonianza della badante che abitava al piano di sotto (indicò la persona ripresa dalle telecamere come quella che si allontanava dalla casa della vittima), e il Dna: gocce di sangue sulle scarpe e sui pantaloni della tuta che indossava quel giorno. Per il difensore di Giancaterino, l’avvocato Melania Navelli, invece, ci sono ”preconcetto e pregiudizio nelle indagini, chiuse in 48 ore e indirizzate solo su di lui perché pluripregiudicato. Per il legale, “non si sa né quale sia il movente né quale arma sia stata usata, se un coltello o un pugnale. E non c’è la prova che Giancaterino abbia calpestato la scena del crimine”. L’imputato è stato anche condannato a risarcire le parti civili costituite nel processo ed assistite dall’avvocato Federico Squartechia: 170.000 euro alla sorella della vittima, Pasqualina Giammarino, e 100.000 euro ciascuno ai figli di quest’ultima, Giancarlo e Daniela Di Teodoro.