Pescara. Vendevano piccoli cagnolini spacciandoli per “Barboncini toy” ma in realtà erano cani “simil lagotto”. In tre, un uomo delle Marche e una coppia di coniugi abruzzesi, avevano costituito una vera e propria associazione a delinquere, con lo scopo di truffare ignari acquirenti. E ora sono stati rinviati a giudizio e dovranno rispondere di reati molto gravi.
A smantellarla, grazie a un’attenta attività investigativa partita da un’altra inchiesta, sempre inerente gli stessi tipi di reati, è stato il Nucleo carabinieri Cites di Pescara, che ha competenza su tutto l’Abruzzo.
Si tratta di militari che lavorano per la tutela di animali, per lo più protetti, contro il commercio illegale e altri tipi di reati collegati.
Tutto è partito dal sequestro di alcuni cani, di diversi timbri e libretti sanitari falsi.
A finire dei guai: A. M. 43enne residente della provincia di Ascoli Piceno, P. D. A. e S.D.M., rispettivamente 39enne e 37enne, entrambi residenti a Corropoli, in provincia di Teramo.
I reati di cui dovranno rispondere sono associazione a delinquere finalizzata alla truffa, falso materiale e maltrattamento aggravato di animale.
Grazie alle indagini del Nucleo Cites dei carabinieri è stato accertato che i tre, già con precedenti reati alle spalle di stessa natura, quindi recidivi, avevano fatto squadra per mettere su vendite truffa che fruttavano anche ingenti guadagni. I prezzi per ogni cane, infatti, si aggiravano dagli 850 ai 1500 euro.
I dettagli emersi durante il lavoro dei militari sono a dir poco inquietanti. In quanto i cuccioli venivano strappati alla madre non ancora svezzati, venivano venduti contro quanto disposto dalla legge, prima dei 60 giorni di vita e venivano anche maltrattati durante il trasporto.
Tutti fattori che hanno portato alla morte di diversi cuccioli, considerato anche che oltre a essere tenuti in condizioni igieniche precarie, non venivano nemmeno vaccinati.
Per truffare più facilmente gli acquirenti, i tre, che ora dovranno rispondere di quanto fatto, davanti a un giudice, fingevano di aver eseguito delle vaccinazioni, falsificando libretti sanitari con degli appositi talloncini, risultati finti, in cui è stato accertato che veniva utilizzato un timbro di una società che era inattiva. Ma di cui uno degli indagati è poi risultato essere il proprietario.
Nell’associazione ognuno aveva il suo ruolo. Un altro dei tre si occupava di fare le assicurazioni ai mezzi utilizzati per il trasporto, l’altra era la titolare dell’attività adibita a “commercio di animali domestici”.
L’attività investigativa, oltre al sequestro dei libretti sanitari e dei timbri, ha portato anche a diverse perquisizioni a San Benedetto del Tronto e ad Alba Adriatica.
Alla fine delle indagini che hanno accertato anche la morte di otto cuccioli (altri sette sono stati consegnati a delle famiglie), i tre sono stati denunciati.