Chieti. È raddoppiato, da novembre del 2021 a oggi, il numero delle donne prese in carico dalla rete del Centro Antiviolenza Alpha di Chieti: sono 102, per lo più fra i 30 e i 39 anni (36%), fra i 40-49 sono il 26%, fra i 20 e i 29 anni il 18% e poi fra i 50-59 anni il 14%, fra i 60 e 69 il 4 e il 2 % fra i 70 e 79 anni.
E sono per l’84% per cento italiane, con piccole percentuali di donne che provengono da Ucraina, Marocco, Cuba, Romania, Tunisia, Bangladesh e Venezuela. Autore della violenza per il 43% è il marito per il 18% il compagno, per il 16% l’ex marito, per il 9% l’ex fidanzato, il fidanzato, un conoscente, un famigliare, l’ex compagno, l’autore della violenza è italiano nell’86% dei casi.
Le donne che si sono rivolte anche solo telefonicamente al centro antiviolenza per informazioni e consulenze psicologiche e legali sono state 252, di cui 150 per informazioni e 43 per consulenze legali. Sono alcuni dei dati resi noti oggi a Chieti in Prefettura in occasione de “La violenza non è amore”, un’iniziativa voluta da Giunta e Presidenza del Consiglio comunale, in sinergia con la Centro antiviolenza Alpha, e dell’incontro pubblico sul tema “Le parole che fanno male” che ha visto come relatrici Paola Spadari, consigliera segretaria dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, ed Ernesta Bonetti, avvocato di Alpha. Tra i tipi di violenza spicca quella psicologica, 36%; poi quella fisica, il 24%, quella economica, il 16%, il 14% violenza sessuale e il 10% stalking. “Il numero delle donne prese in carico dal Centro Antiviolenza è aumentato, ma non è un fatto negativo – ha detto la responsabile del Centro Antiviolenza comunale Marialaura Di Loreto.
C’è stato un aumento, perché le donne cominciano ad avere fiducia nell’esistenza di questo Centro e ci chiedono di essere protette. Questo aumento è anche l’onda lunga del Covid, che ha visto esplodere in maniera evidente i casi. L’altro dato è che purtroppo sono aumentate le richieste sulla fascia di età più bassa, sono state tante le donne fra i 19 e i vent’anni di età, ciò significa che va fatta una sensibilizzazione a tappeto nelle scuole per prevenire i casi e formare le donne. Altro dato positivo è che abbiamo inserito diverse donne nell’empowerment lavorativo che ci consente farle operare nelle aziende che fanno parte della rete e ricominciare”. “Quando si parla di violenza contro le donne e di femminicidio non parliamo purtroppo di uno stato di eccezione o di emergenza, ma dell’estrema conseguenza della cultura che lo alimenta e lo giustifica – ha detto il sindaco Diego Ferrara. È un fenomeno strutturale e come tale va affrontato anche a livello istituzionale. Bisogna farlo abbattendo gli stereotipi perché soggezione e obbedienza, rassegnazione, sono ciò che l’uomo della società patriarcale si aspetta dalle donne. Disinnescando già in età scolare la bomba in via di fabbricazione della misoginia e sessismo, si arriverà a non farla esplodere. Il Comune collabora con la Rete e Politiche sociali e servizi mirati a questo e concertati con il mondo che opera in questo campo”.