Collelongo. Non aveva origini abruzzesi, ma aveva scelto l’Abruzzo come patria adottiva e proprio in questa straordinaria terra, nel sito di Collelongo, dava forma alla sua creatività con espressione caravaggesca. Lui era Luciano Ventrone, nato a Roma nel 1942 e, appassionato di ritratti sulla natura morta, si affidava con maestria ai suoi pennelli e alle sue emozioni intinte di visioni vere e rappresentative, dando vita a delle meravigliose elaborazioni di arte figurata. A causa di problemi di salute, l’artista faceva uso di una bombola di ossigeno che purtroppo lo condannò improvvisamente alla sua morte, poiché durante una notte del 2021, come di consuetudine, decise di fumare nel suo appartamento una sigaretta, ma sbadatamente l’accendino divenne un’arma catastrofica facendo scoppiare la bombola di ossigeno che lo affiancava, procurandone tragicamente la sua morte. Ad oggi, è ricordato per il suo straordinario talento che, tra gli olezzi abruzzesi, fioriva di grandiose capacità pittoriche.
L’espressione ‘natura morta’ è stata introdotta nel panorama accademico italiano nel settecento e inizialmente aveva un’identificazione del tutto dispregiativa in quanto connotava soggetti inanimati che creavano una sorta di contrapposizione con l’elevatezza storica dell’arte pittorica rappresentata dalla ‘natura viva’. Nonostante elementi riguardanti la natura morta venivano inseriti spesso nei dipinti di altro soggetto, non la si poteva certamente identificare come fosse un genere autonomo dapprima del seicento. Ma nel corso del tempo questa corrente artistica prese forma ad ampio raggio, energizzandosi di contenuti metaforici e di fertile importanza.
Osservando i quadri del grande artista Ventrone, al primo impatto ci troveremo di fronte alla parola “eleganza”, poiché nella nostra percezione abituale, l’interpretazione dei soggetti di natura inespressiva la cataloghiamo nella genuinità di una tavola rustica, al contrario invece, nei suoi dipinti affiora costantemente una rappresentazione di straordinaria eleganza compositiva identificandone il concetto di ordine, di rispetto e di esaltazione per il nutrimento offerto dalla terra. Innumerevoli versioni della natura morta ci inondano della sua potenza espressiva che, come uno specchio, riflettono nella realtà con i parametri di una cartolina, rappresentata sì, da una visione studiata nei dettagli, ma anche dalla fedeltà rappresentativa che ci introduce in una visione totalmente veritiera.
Il grande critico e storico dell’arte Federico Zeri, definì con queste parole i capolavori pittorici dell’artista Ventrone: “I suoi vegetali sono definiti da una luce sapientemente violenta, che non è di un sole di agosto, ma piuttosto quella dei teatri di posa dove viene realizzata l’immagine cinematografica. Le sue nature morte ci vengono proposte come attimi immobili di una vicenda che sta tra un antecedente e un futuro, come istanti, sospesi e incandescenti, di una realtà oggettiva definita, sino ad esserne divorata, da una luce implacabile, quasi siderica, contro fondi scuri di evocazione astrale o lunare da satellite o pianeta. La pittura di Luciano Ventrone è una continua scoperta ottica, un incessante recupero della realtà oggettiva, che riemerge dopo l’alluvione di forme astratte, cerebrali ligogrifi, di ‘grumi materici’ e di scritture gestuali”.
D’altro canto, fu proprio Zeri che con la sua approfondita conoscenza, motivò l’artista sulla rappresentazione della natura morta poiché lo trovava particolarmente adatto per questo genere di costruzioni. Nel quadro “I segni del tempo” le imperfezioni date dalla natura, diventano motivo di perfezionistica analisi elaborativa, sostenendo il concetto di concretezza, ma anche incentivando quel fascino in cui il tempo ci conduce, lasciandoci esplorare quei solchi sparsi nella frutta nell’identificazione dei percorsi di vita, assorbiti altresì, dalla consapevolezza e dalla maturità definita dalle forme.
Le foglie accartocciate possono intraprendere per eccellenza il principio della gentilezza che, con leggiadria, concimano le nostre radici terrene, così come la frutta che essendo fortemente matura, celebra sostanzialmente la dolcezza che vi è al suo interno, come le anime delle persone quando assorbono del buon nutrimento intenerendo il loro profilo psico-fisico. Si tratta dunque, di una natura morta che induce certamente ad un enorme principio di vita cosicché quei segni del tempo, riportati anche sulla titolazione dell’opera, ne sottolineano le virtù della conoscenza intellettuale e morale. E l’Abruzzo, terra forte e gentile, dando i natali a moltissimi suoi lavori, ha indotto l’artista ad una preziosa fonte di creatività lasciando emergere nella bellezza ogni suo capolavoro.