Castelvecchio Subequo. Sant’Antonio abate fu un anacoreta, visse nel III secolo in Egitto, dove morì ultracentenario. Visse nel deserto in contatto spirituale con Dio ed ebbe dei seguaci. È considerato protettore degli animali, degli allevatori e degli agricoltori. Molto celebrato in varie regioni d’Italia nella vigilia del 17 gennaio e spesso nel weekend successivo. In molti paesi d’Abruzzo è ormai una consuetudine, molto sentita dalle popolazioni, che si intercala fra gli appuntamenti festaioli di Natale e Carnevale, mantenendo così vive le piccole comunità locali.
I figuranti interpretano una drammatizzazione in cui il Santo si scontra con il Diavolo tentatore, la simbologia del duello continuo fra il Bene ed il Male. Sono vari i testi delle strofe, dei canti popolari abruzzesi riferiti allo scenario nel deserto con “Sant’Antonio e ju demonio”. Le varianti esprimono anche la variegata antropologia culturale e caratteriale dei suoi abitanti fra le aree montane più aspre e quelle collinari e rivierasche più miti.
Il testo narra delle continue provocazioni del demonio contro l’abate, il quale si dimostra sempre resiliente nel neutralizzare le sue tentazioni. Interessante rimarcare le interpretazioni dei cori, dal “Talia” di Tagliacozzo al “Sirente” di Castelvecchio Subequo, appartenenti all’Abruzzo montano aquilano, noto perché italicamente e storicamente più bellicoso, già in era precristiana, ricadente in quell’ area Marsica-Peligno-Supaerequana.
Nel testo, le ultime strofe vedono non più un santo soltanto paziente e tollerante ma reattivo che, giunto al limite della sopportazione, va al contrattacco e agisce contro satanasso: “ben ben lo sculaccette” e ” co’ nu cazzotto je rompe lu cornu”, strofe che non si cantano nelle altre versioni degli altri cori.
Aspetto non di poco conto se si considera che già nel 90 A.C. gli antichi popoli italici promossero la Guerra Sociale contro Roma, per il riconoscimento del Diritto di Cittadinanza. La rivendicazione esordì proprio per iniziativa di un condottiero marsicano: Poppedio Silone, a cui lo stesso Ignazio Silone si ispirò, mutando il suo nome anagrafico Secondo Tranquilli e aggiungendo quello del Santo dei Gesuiti. Questa immagine del Santo reattivo e non solo resiliente è importante, poiché va a significare come la vittoria del bene sul male si possa ottenere mediante la forza.
Richiama l’icona della “Madonna che schiaccia il serpente sotto i piedi”. Il serpente, nella simbologia biblica della Genesi, nell’Eden fu il tentatore di Eva ed all’origine dei mali con la cacciata dal Paradiso, insieme ad Adamo e, a seguire, l’umanità. Meritevole di nota, da quest’anno, è quella che si sta rappresentando a Castelvecchio Subequo, in provincia dell’Aquila, per iniziativa di alcuni parrocchiani della Chiesa di San Francesco, dei Frati Minori Conventuali.
Le manifestazioni si svolgono in due tempi. La vigilia del 17 gennaio insieme ad artisti della vicina città di Sulmona “Gli amici del DuBott”, quali “Compari di Sant’Antonio”. I questuanti con un intervento anche del parroco Padre Franco, già padre Provinciale francescano, sono portatori di gioia fra giovanissimi e “meno giovani”: ai docenti, agli alunni dell’Istituto Scolastico Comprensivo ed agli ospiti della Casa per Anziani “Villa Franca”.
La manifestazione continua sabato, 20 gennaio, per la benedizione degli animali alla quale è stato invitato il noto cantastorie teramano Roppoppò, Franco Palumbo, già componente del gruppo di artisti che sotto la guida del Maestro Melozzi, hanno rappresentato la prima edizione di “La notte dei serpenti”, presso lo Stadio del mare di Pescara, andato in onda sulle reti nazionali.
Il Maestro Enrico Melozzi è stato premiato, nel dicembre scorso, al Cinema Pacifico di Sulmona, dalla testata locale “Il Germe” che testualmente recita…”direttore di orchestra a Sanremo, già vincitore con i Måneskin del Festival della canzone italiana nel 2021, ma soprattutto motore e ideatore de La Notte dei Serpenti che a luglio scorso ha portato allo Stadio del Mare di Pescara alla rivincita della cultura abruzzese.
La storia della lotta fra “il Bene ed il Male” che si vuol rappresentare con la storia del canto abruzzese di Sant’Antonio ed il demonio”, ben si innesca nella narrazione artistica che il Maestro Melozzi vuol esprimere. Il Meridione d’Italia, pertanto, attraverso “La notte della Taranta” salentina e con quella della “Notte dei Serpenti”, abruzzese, attraverso i canti popolari, vuol essere una notte sì di emozioni intriganti, di tentazioni, ma soprattutto di valori, di desideri e di aspirazioni del popolo, non solo locale ma universale, globale. La lotta fra Bene e Male continua, resta attuale e le guerre ne sono la testimonianza, la ferita mortale aperta. Riuscirà il Santo, oggi rappresentato dal Papa, definito da Fazio nella trasmissione televisiva CTCF “Guida morale del mondo” con i suoi appelli alla Pace a far tacere le armi?