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Licenziamenti alla Purem di Castellalto, l’associazione Gramsci attacca la multinazionale

Giulio Catalucci di Giulio Catalucci
15 Giugno 2025
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Castellalto – Cinquanta operai dello stabilimento Purem sono stati licenziati senza preavviso e senza alcun confronto con le rappresentanze sindacali. Una decisione unilaterale, secondo l’Associazione Gramsci Abruzzo, che denuncia “l’arroganza padronale” di fronte al silenzio delle istituzioni e alla crescente solitudine della classe lavoratrice.

 

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La Purem, multinazionale tedesca del settore automotive con circa 80 impianti produttivi in 30 Paesi, produce componentistica come tubi di scarico e impianti di climatizzazione. La scelta di procedere ai licenziamenti nel sito teramano è, per l’Associazione Gramsci, un chiaro segnale della crisi del lavoro in Italia.

 

A preoccupare ulteriormente, secondo l’associazione, è la coincidenza temporale con l’annuncio di 600 esuberi da parte di Stellantis a Mirafiori e nell’indotto torinese. Entrambe le decisioni giungono mentre è ancora in corso lo spoglio delle schede referendarie sul lavoro, fatto che l’Associazione considera “sconcertante ma significativo”.

 

Nel suo comunicato, l’Associazione Gramsci collega i licenziamenti a un quadro più ampio di crisi sistemica del capitalismo, parlando di “sovrapproduzione relativa” che, a fronte del crescente impoverimento dei lavoratori, rende insostenibile il consumo dei beni prodotti. Una spirale che, secondo l’analisi dell’associazione, spinge le grandi aziende a disinvestire nei settori produttivi tradizionali per puntare su comparti più redditizi come il lusso e le armi.

 

“Il lavoro – si legge nel comunicato – non è più l’architrave della Repubblica, ma è ridotto a merce, mentre i produttori possono spostare investimenti e produzione dove il mercato è più remunerativo, a discapito dei lavoratori”.

 

L’attacco si estende anche al quadro politico nazionale e internazionale. Le forze progressiste vengono accusate di inerzia o complicità, mentre a livello globale, l’Associazione Gramsci denuncia un crescente indirizzamento delle politiche economiche verso la guerra e la repressione, con gli Stati Uniti indicati come principali promotori di una nuova corsa al riarmo e della destabilizzazione in Medio Oriente.

 

L’Olocausto del popolo palestinese – si legge – “è solo il preludio di tempi ancora più cupi”, in un contesto in cui i governi occidentali, secondo l’Associazione, alimentano nazionalismi e tensioni per distogliere l’attenzione dalle contraddizioni sociali interne.

 

Il comunicato si chiude con un appello alla mobilitazione della classe operaia e alla necessità, definita “oggettiva”, della nascita di un partito dei lavoratori che possa rappresentare una vera alternativa politica, oltre il ruolo – importante ma insufficiente – del sindacato.

 

 

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