Teramo. “Questa nostra celebrazione è funestata dalla improvvisa scomparsa di Papa Francesco.
Desidero anch’io esprimere la mia vicinanza, la mia gratitudine e affetto a questo grande uomo che rappresenta un dono per tutta l’umanità. Papa Francesco ha testimoniato il Vangelo facendoci vivere una Chiesa semplice e povera, aperta al dialogo. E all’incontro. È stato un profeta che ha saputo guardare oltre. Egli ha lottato per la pace e per la dignità umana, contro i privilegi e l’arroganza. Ha lottato per la difesa dell’ambiente. Ha raccolto fino all’ultimo il grido di speranza degli emarginati, degli ultimi e degli scartati, così li chiamava lui. In questi anni le forze nazionaliste, sovraniste e razziste non hanno mai smesso di operare in Italia, in Europa e nel mondo. Fomentano odio, rancore e violenza. Costituiscono una minaccia per la democrazia. Papa Francesco è intervenuto più volte su questo. Sono preoccupato, diceva, perché sento discorsi che somigliano a quelli che faceva Hitler nel 1933. Prima noi, prima la Germania. Oggi c’è qualcuno in Italia che dice prima noi, prima gli italiani. Sono pensieri che fanno paura”.
Inizia così la nota per il 25 aprile di Antonio Franchi presidente ANPI provinciale Teramo, che va avanti:
“Viviamo un momento storico di una gravità inaudita, contrassegnato dalle guerre e dall’aumento smisurato delle disuguaglianze sociali. Questa celebrazione del 25 aprile non può e non deve essere scollegata da quanto sta accadendo nel mondo. Sarebbe delittuoso se non facessimo riferimento alla guerra nel Libano, nel Sudan, in Siria. L’aggressione russa in Ucraina continua con il suo bagaglio di morti e di distruzioni.
A Gaza, Netanyahu ha interrotto la tregua e ha ripreso a uccidere donne e bambini, 15 mila ne sono stati trucidati fino ad oggi. Si cessi di sparare, è stato fino all’ultimo l’appello di Papa Francesco, è necessario che tutti si convincano che la strada per arrivare alla pace è quella diplomatica, è quella della trattativa, una trattativa vera della quale, come insisteva Papa Francesco, non deve uscire né un vincitore né un vinto. Siamo in ritardo ad un cambio d’epoca. Le democrazie liberali barcollano, le polemiche sul riarmo passano in secondo piano. I dazi applicati da Trump hanno provocato una catastrofe.
Le borse hanno registrato una caduta paurosa.
A pagare il prezzo più alto sono i lavoratori e i ceti più deboli. Siamo in un mondo in cui milioni di esseri umani rischiano di morire di fame. La ricchezza si è concentrata nelle mani di pochi. Il 10% della popolazione possiede il 50% della ricchezza mondiale. In Italia abbiamo 5 milioni di poveri e una fascia di lavoratori che, purtroppo è scivolata nella miseria.
Oggi più che mai l’Europa deve essere unita, perché soltanto così potrà giocare un ruolo nello scacchiere internazionale. L’Europa deve diventare un soggetto politico. È in questo contesto che noi celebriamo l’ottantesimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo. Il 25 aprile è la festa di tutti gli italiani, non è una festa divisiva. Una festa in difesa di ciò che abbiamo di più caro: la libertà. Il 25 aprile è l’occasione per ribadire i valori della pace, della democrazia, del lavoro, dei diritti. Eredi degli ideali del primo risorgimento, i protagonisti della resistenza e della lotta di liberazione, diedero vita al secondo risorgimento restituendo all’Italia l’onore perduto, la dignità cancellata, il rispetto di tutti i popoli. Quel giorno tutti gli italiani, compresi coloro che avevano sostenuto il fascismo, tornarono liberi e uguali, non più divisi fra oppressori ed oppressi. A questo punto domando: “Quanti conoscono il contributo dato da Teramo per riconquistare la democrazia e la libertà? Vedete! A Teramo e provincia lo spirito di rivolta non si era mai spento, mai sopito. Gli antifascisti avevano subito le angherie e i soprusi del regime. Molti avevano conosciuto il carcere e il confino.
Dopo l’8 settembre, gli antifascisti Ercole Vincenzo Orsini, Mario Capuani, Armando Ammazzalorso, Felice Rodomonti, Felice Mariano Franchi organizzarono la Resistenza che presto divenne lotta di popolo.
Scelsero una zona impervia, difficile da raggiungere. Al ceppo accorsero oltre 1600 giovani. Il comando fu assunto da un carabiniere, il capitano Ettore Bianco. Pensate, Bosco Martese rappresentò il primo scontro in campo aperto tra l’esercito tedesco e i partigiani. La battaglia fu cruente e dura a lungo. I signori della guerra dovettero indietreggiare dopo aver lasciato sul campo più di 50 morti. Il loro comandante, Hartman, il carnefice dei ragazzi dell’avamposto partigiano del Mulino de Jacobis fu fatto prigioniero e giustiziato. Sulle nostre montagne è stata scritta una delle pagine più belle della Resistenza italiana. Erano giovani di diverso orientamento politico, di diverso credo religioso, di diverse nazionalità, tutti animati dallo stesso desiderio: la riconquista della democrazia e della libertà.
Noi teramani abbiamo pagato un prezzo altissimo per respingere il nazifascismo. Il 26 settembre vennero fucilati i carabinieri di Valle Castellana, rei di essersi schierati con i partigiani. Il 27 settembre veniva assassinato Mario Capuani. Egli si comportò da eroe, da grande italiano. Il 13 dicembre cadeva con le armi in pugno Ercole Vincenzo Orsini, la mente politica della Resistenza. E poi i martiri di Cartecchio, gli eroi di Pietralta, i ragazzi della Caserma Rossi, l’ultima nefandezza dei nazisti ormai in fuga, dopo la fuga Alberto Pepe e Renato Molinari, entrambi medaglie d’argento.
Mi sia consentito a questo punto di ricordare i martiri di Cartecchio. Noi abbiamo negli anni doverosamente reso omaggio Mario Capuani. (Esiste a Teramo anche un monumento nella villa comunale) ed a Ercole Vincenzo Orsini intitolato (le vie più importanti dei comuni della nostra provincia portano il suo nome), abbiamo dimenticato la terza medaglia d’oro: Elio De Cupis. Questi ragazzi erano stati catturati. Elio De Cupis, Sergio Cucchietaro, Erminio Castelli erano stati catturati in agro di Montorio. Furono condotti in ceppi nel carcere di Sant’Agostino a Teramo. Lì furono sottoposti a torture e sevizie. I fascisti volevano da loro i nomi degli insorti. Non fecero un solo nome. Pensate, in tre non arrivavano a 60 anni. Pochi giorni dopo furono trascinati di fronte al Tribunale Speciale.
L’aula era stracolma di fascisti. Il Presidente del Tribunale Speciale sta leggendo la condanna a morte attraverso la fucilazione alla schiena, quando uno dei tre, Elio De Cupis, si alza in piedi ed urla: “non alla schiena, qui al petto dovete mirare, giacché noi non siamo dei traditori, ma dei patrioti che si battono per la riconquista della libertà”. All’alba del giorno successivo, vengono fatti salire su un camion e portati a Cartecchio. I ragazzi vengono legati a forza a tre sedie, con le spalle rivolte al plotone d’esecuzione. L’assassinio sta per compiersi. Il plotone spara, Cucchietaro e Castelli muoiono subito, ma De Cupis respira ancora. Ed è qui che egli raggiunge le vette più alte dell’eroismo partigiano.
Questo ragazzo di Sardegna sta vivendo gli ultimi istanti della sua vita, ma trova la forza per rivolgersi con disprezzo ai suoi carnefici: “vigliacchi, vi avevo detto che non sapeva sparare”.
Il caporione fascista fa cenno che non si può dare il colpo di grazia. Il corpo del ragazzo ancora ansimante viene gettato in una cassa improvvisata. Andate, portate i vostri figli e vostri nipoti al cimitero di Cartecchio. All’ingresso principale subito a sinistra c’è un riquadro dove riposano i partigiani. Ci sono tre croci modeste che ricordano Elio De Cupis, Sergio Gucchierato, Erminio Castelli. Oggi c’è gente che ha l’ardire, l’improntitudine di voler cancellare la storia. Ventotene ne è un esempio. Il tentativo è quello di voler equiparare Salò e la Resistenza. Per carità, i morti sono tutti uguali e a ciascuno va la pietà cristiana. Sia chiaro, però. C’era chi stava dalla parte giusta e chi dalla parte sbagliata.
Chi lottava per riconquistare la democrazia e la libertà e, chi invece, teneva bordone ai nazifascisti che attraverso le persecuzioni, le leggi razziali, e i campi di concentramento avevano seminato terrore e morte non soltanto in Italia ma in tutta Europa. Oggi la Resistenza vive nella Costituzione Repubblicana che è la fonte delle leggi alla quale ciascun cittadino deve uniformare la sua condotta.
In essa sono le intuizioni di Mazzini, i propositi di Cavour, le grandi idealità di Cesare Beccaria. “Ama la costituzione” è stato l’ultimo ammonimento del presidente Mattarella.
Essa non è un pezzo di carta. È il tabernacolo che custodisce il sacrificio e il sangue di migliaia di giovani che s’immolarono sulle nostre montagne e nelle nostre valli per riconquistare la democrazia e la libertà. A voi giovani lancio un appello. Non date retta ai nazionalisti e ai razzisti. L’Italia ha conosciuto altri razzisti e fu trascinata dopo vent’anni di dittatura nella tragedia della guerra. Non date retta a chi con cinismo intende speculare sulla immane tragedia dei migranti che spesso provengono da situazioni terribili e disperate. Sappiate che l’avvenire vostro, il vostro domani si potrà costruire in un’Italia più giusta e democratica e in un Europa che non sia più espressione delle banche e dei poteri forti, ma un Europa unita e solidale che sappia interpretare le esigenze, i bisogni e le aspirazioni dei popoli Europei. Sappiatelo! La libertà è bene assoluto che non si conquista una volta per tutte, come ammoniva il partigiano Sandro Pertini. Ma va difesa ogni giorno contro le insidie che sono sempre in agguato.
Viva la democrazia, viva la libertà, viva per sempre Teramo democratica ed antifascista”.