
L’Aquila. “In un Paese che va verso il blocco delle attività per la emergenza coronavirus, all’Aquila nel cantiere più grande d’Europa, la ricostruzione post terremoto va avanti con maestranze e tecnici ancora in prima linea: questo per rispettare i termini nelle varie commesse legate al terremoto del 6 aprile 2009. Secondo alcune stime, in questo periodo invernale, sono circa 1.500 gli operai, in parte provenienti da fuori città e regione, che lavorano nel territorio colpito dal sisma, circa 3.500 complessivamente nella provincia aquilana. Non è possibile, secondo l’associazione costruttori, stimare il numero delle imprese attualmente sul campo. Comunque, in un contesto così complesso e grave caratterizzato in Italia da pesanti restrizioni per il covid19, le associazioni categoria attendono la cassa integrazione per salvaguardare i lavoratori che non hanno garanzie nel contratto, qualora ci fosse l’ordine della chiusura dei cantieri. Il virus non ferma la ricostruzione ma c’è un motivo serio.
“Nel grande cantiere della ricostruzione abbiamo una situazione simile a quello che sta accadendo altrove. Non abbiamo la prescrizione alla chiusura come altri soggetti economici ed i lavoratori stanno operando con l’autocertificazione”, spiega il presidente abruzzese dell’Ance, l’associazione nazionale costruttori edili, Antonio D’Intino – Senza la cassa integrazione in deroga, se maestranze e tecnici non vanno a lavorare, purtroppo non vengono pagati. Non lo prevede il contratto”. “In questo contesto, ci sono lavoratori che continuano ad operare, altri che invece si sono fermati per paura di contagio, soprattutto nelle zone rosse. E le imprese, come in altre parti d’Italia, lasciano liberi gli operai. Come imprese stiamo applicando le direttive di prevenzione sul comportamento da adottare, su come affrontare la giornata lavorativa, come mantenere le distanze, non fare resse, non mangiare in gruppo, noi vogliamo fare gli interessi dei lavoratori, trattandosi di salute, ma finora senza un obbligo e senza cassa integrazione, se un dipendente decide di venire a lavorare perché non può rinunciare allo stipendio avendo famiglia e scadenze, i cantieri vanno avanti”, conclude l’imprenditore pescarese, titolare della impresa Madis costruzioni, “naturalmente, abbiamo mandato a casa chi ha sintomi o che è stato a contatto con persone contagiate o a rischio e stiamo facendo lavorare al massimo tre persone e con sufficienti distanze. Se come si dice, oggi dovesse uscire la cassa integrazione, allora tutto sarebbe più chiaro”.