Pescara. “C’era la possibilità di tenere il processo in un palasport, nel cortile del tribunale o in questa situazione. Occorre prendere atto che la scelta fatta rappresenta un esperimento fallito e non conforme a quanto disposto dal codice di procedura penale. Bisogna iniziare a ragionare sulla possibilità Pescara non sia compatibile con questo processo”.
Così l’avvocato Romolo Reboa, che assiste i familiari di alcune vittime del disastro dell’Hotel Rigopiano di Farindola, costituitesi parti civili nel procedimento in corso davanti al Gup del tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, in merito alla decisione di tenere l’udienza in cinque aule distinte, contemporaneamente e in collegamento audio-video tra loro. Scelta dettata dalla necessità di rispettare il distanziamento sociale, alla luce dell’emergenza Covid, in un processo con oltre 250 persone, tra imputati, responsabili civili, parti civili e loro avvocati.
“Io in questo momento, se devo interloquire con uno dei miei assistiti, devo alzarmi e andare in un’altra aula per cercarlo, perdendo la possibilità di seguire il processo” ha proseguito Reboa “oppure se il mio assistito volesse parlare con me non potrebbe farlo, così come non è possibile concordare strategie di difesa con altri avvocati che si trovano altrove”.