Pescara. Mentre la stagione estiva in Abruzzo si avvia al suo culmine, portando con sé numeri da record per il settore turistico, emergono forti le denunce di una parte della società civile sulle ombre di questo successo. Le organizzazioni giovanili abruzzesi alzano la voce, puntando il dito contro le condizioni di lavoro dei giovani stagionali e l’accessibilità delle coste.
Secondo i dati presentati dai Giovani Dem regionali, che citano fonti come Confcommercio e ISTAT, il boom turistico si regge spesso su un sistema di sfruttamento. “Migliaia di giovani e lavoratori stagionali vengono pagati tre o quattro euro l’ora”, denunciano Saverio Gileno ed Emanuele Castigliego, “costretti a turni massacranti e ad alloggi indecenti che troppo spesso vengono persino scalati dalla busta paga. Una situazione che non è un’eccezione, ma una triste normalità in molte località balneari, nonostante lodevoli esempi contrari. La loro analisi mette in evidenza un divario crescente: mentre il turismo prospera, il potere d’acquisto di molti italiani crolla, con oltre 8 milioni di persone che non possono permettersi nemmeno una gita al mare.
Di fronte a un modello di sviluppo ritenuto “fallito e miope”, i Giovani Dem lanciano un appello per un cambiamento radicale. Le loro proposte si concentrano su due punti chiave: un salario minimo legale e spiagge accessibili. La prima misura è pensata per porre fine alla retribuzione da fame e garantire una paga dignitosa a tutti i lavoratori, con l’idea di rafforzare il concetto anche a livello comunale con regolamenti e controlli mirati. La seconda proposta, invece, è una richiesta per aumentare il numero di aree pubbliche e applicare prezzi calmierati, al fine di garantire a tutti, indipendentemente dal reddito, il diritto di godere del mare.
La critica non si limita al solo turismo, ma si inserisce in un quadro economico più ampio, che vede una crescente precarietà e un calo dei redditi in settori chiave dell’industria. La battaglia, come affermato dai Giovani Dem, non è solo per i diritti dei lavoratori, ma per la giustizia sociale e per garantire che i benefici della ripresa non restino confinati a pochi privilegiati.