L’Aquila. In un trionfo di spade e permeati da una marea oceanica di greche ieri a Roma c’è stata la cerimonia che ha visto il passaggio del comando dell’Arma dal generale Luzi al generale Luongo che, nelle sue prime parole, ha ricordato il padre, comandante di stazione, che lo ha fatto crescere tra Venafro e Navelli.
Davanti a una rappresentanza delle varie unità dell’Arma, i tanti ospiti hanno ascoltato i due generali che hanno raccontato le loro esperienze e le loro visioni su cosa è stato fatto e come poter migliorare l’istituzione, oltre gli interventi, gli auguri e le congratulazioni espresse dal capo di stato maggiore e dal ministro della Difesa.
“Il generale Luzi nel ripercorrere la sua storia professionale ha destato molta attenzione quando ha detto che nel periodo della propria formazione professionale tutti i giovani ufficiali avevano come massima aspirazione il diventare Colonnelli e Comandanti di Legione e che probabilmente era meglio così, facendo trapelare tra le righe la matura consapevolezza di come il carrierismo può confondere una sana azione di comando che dovrebbe essere diretta alle performance e alle responsabilità derivanti dal dover pensare a Uomini che indossano che Divisa con la banda rossa, coinvolti nella sicurezza del Paese, non certamente solo a se stessi. Parole senz’altro condivisibili,” riferisce Roberto Di Stefano, legale rappresentante del MOSAC . Movimento Sindacale Autonomo Carabinieri “come condivisibili sono quelle del generale Luongo che ha detto a tutti Noi di non pensare solo a gestire la burocrazia e di focalizzare l’attenzione alla sicurezza dei Cittadini ricordando lo spirito autentico dell’essere Carabinieri tra le Gente, della necessità di mettersi continuamente in discussione e di non aver paura del fallimento, di non vivere di rendita”.
“Buona nuova Vita al generale Luzi e un buon lavoro al generale Luongo che in conclusione del suo discorso ha citato importanti parole di Seneca: ‘Non è perchè le cose sono difficili che non osiamo farle, è perché non osiamo farle che diventano difficili’. Propositi importanti che ricordano però che gli Uomini, indipendentemente dal loro ruolo nella società, sono da sempre giudicati per le azioni, mai sulle parole, e che mi spingono nel dire, a nome del MOSAC, che la necessità di progresso menzionata giustamente nelle parole di insediamento, potrà avvenire se ci sarà l’accettazione di dover fare molto di più anche in termini di confronto con la nuova realtà rappresentativa. Confronto che non avviene con semplici inviti delle dirigenze delle associazioni sindacali alle cerimonie, ma che deve passare quanto prima attraverso l’apertura di tavoli sia a livello centrale che periferico dove discutere in tempi rapidi sulle criticità diverse che vivono i Carabinieri nei Comandi e nelle Comunità dove svolgono le loro attività quotidiane,” conclude il sindacalista del MOSAC Di Stefano, “Il sottrarsi ad un confronto amplia il terreno su cui potrebbero generarsi scontri di posizioni sui temi più caldi del comparto sicurezza che, sicuramente, non fanno bene a nessuna delle parti. Citando Borges: ‘Non si discute per avere ragione, ma per capire”.