Penne. C’è anche una azienda agricola abruzzese tra le finaliste di Oscar Green 2020, il concorso sull’innovazione e la creatività promosso da Coldiretti Giovani impresa con il patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole e di quello delle Politiche Giovanili che si è concluso proprio questa mattina a Palazzo Rospigliosi a Roma, con le premiazioni delle aziende vincitrici. Tra le aziende arrivate in finale (tre per ogni categoria), anche la Fattoria d’Annunzio di Penne, in provincia di Pescara, relativamente alla categoria speciale sull’emergenza Covid.
L’azienda, gestita da Alessio D’Annunzio (titolare) con l’aiuto di suo fratello gemello Andrea e del papà Vincenzo, nel corso della prima fase dell’emergenza sanitaria si è distinta per la resilienza e la solidarietà dimostrata nei confronti della comunità pennese organizzando, pur tra mille difficoltà, un servizio di km0 a domicilio nel rispetto delle disposizioni ministeriali e cercando di intercettare le esigenze delle persone più svantaggiate, con particolare riferimento agli anziani dei paesi della zona rossa che vivevano soli. Attraverso il proprio furgone, ma non disdegnando le due ruote della fedele bicicletta e dotati di guanti e mascherina, i due fratelli hanno consegnato formaggi e prodotti aziendali direttamente “sulla porta” delle case più sperdute e lontane dai centri abitati, evitando qualunque tipo di contatto a tutela della salute dei più esposti ma assicurando i beni alimentari di propria produzione.
“Un tipo di servizio, quello a domicilio, che abbiamo dovuto rimodulare in occasione dell’emergenza ma che è servito a poter consegnare cibo di prima necessità alle persone più in difficoltà in una situazione di grande preoccupazione, solitudine ed emergenza generale” spiega Alessio, “la nostra azienda era all’interno della zona rossa di Penne e abbiamo dovuto creare un “circolo virtuoso” servendo oltre 150 anziani. A distanza di un anno e mezzo dall’inizio della pandemia la consegna a domicilio è diventata un servizio apprezzato e utilizzato da numerosissime aziende, ma all’inizio eravamo in pochissimi, soprattutto per servire le zone interne”.
Nel corso della manifestazione a Palazzo Rospigliosi, questa mattina, sono stati inoltre diffusi i risultati del rapporto del Centro Studi Divulga da cui è emerso che, in piena pandemia Covid, cresce in Italia solo il numero di giovani agricoltori con un incremento dell’8% negli ultimi cinque anni, in netta controtendenza rispetto al dato generale degli imprenditori under 35 che crollano dell’11% nello stesso periodo, dall’industria al commercio fino all’artigianato. Con la crisi provocata dall’emergenza sanitaria, il settore agricolo è infatti diventato di fatto il punto di riferimento importante per le nuove generazioni, tanto che nell’ultimo anno sono nate in media 17 nuove imprese giovani al giorno, secondo l’analisi Coldiretti-Divulga. Ma nel periodo ancora in corso della pandemia le aziende condotte da giovani si sono dimostrate anche le più resilienti, con un aumento medio dei redditi del 5,9% nel 2020 rispetto all’anno precedente, mentre quelli delle aziende over 35 sono diminuiti dell’1,3%.
Una svolta green che ha portato al lavoro nelle campagne italiane un esercito di ben 55mila imprese che ha di fatto rivoluzionato il mestiere dell’agricoltore impegnandosi in attività multifunzionali che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, ma anche alle attività ricreative, l’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, la sistemazione di parchi, giardini, strade, l’agribenessere e la cura del paesaggio o la produzione di energie rinnovabili.
Ed è soprattutto grazie a questa svolta green che l’Italia è diventata leader in Europa per numero di giovani imprese agricole, che sono peraltro anche più brave dei colleghi Ue se si considera che il valore della produzione generato dagli under 35 nostrani è pari a 4.964 euro ad ettaro, oltre il doppio dei giovani agricoltori francesi (2.129 euro/ettaro). Ancor più marcata la differenza con la Spagna (2.008 euro/ettaro). Dietro anche i tedeschi (3.178 euro a ettaro). Nel complesso, la produzione standard generata per ettaro coltivato dai giovani in Italia è poco meno del doppio della media europea (2.592 euro a ettaro), secondo il rapporto del Centro Studi Divulga. Ma i successi a livello europeo non riguardano solo chi ha scelto di fare imprese ma anche chi ha deciso di cercare opportunità lavorative nelle campagne. Nonostante crisi e pandemia in Italia si rileva un incremento del +4% degli occupati in agricoltura, con 11 mila nuovi posti di lavoro per giovani in agricoltura negli ultimi 10 anni. Un risultato in controtendenza se si guarda al dato nazionale relativo al lavoro dei giovani, dove calano gli altri settori tra cui: ristorazione (-14%); arte e intrattenimento (-5,5%); manifattura (-4,2%); commercio al dettaglio e ingrosso (-3,7%).
Il maggior appeal del lavoro in campagna si riflette poi anche sule scelte scolastiche. Nell’anno del Covid gli studenti italiani hanno preso d’assalto gli indirizzi agricoli delle scuole superiori, con un incremento del 15% delle iscrizioni agli istituti professionali, secondo una analisi di Coldiretti su dati Miur. Alla crescita degli studenti degli istituti professionali in Agricoltura, Sviluppo Rurale, Valorizzazione dei Prodotti del Territorio e Gestione delle Risorse forestali e montane si aggiunge peraltro quella delle presenze all’indirizzo Agraria, Agroalimentare e Agroindustria degli istituti tecnici, in aumento del 6%.
“La pandemia ha accelerato il fenomeno del ritorno alla terra e maturato la convinzione comune che le campagne siano oggi capaci di offrire e creare opportunità occupazionali e di crescita professionale, peraltro destinate ad aumentare nel tempo” spiega la leader nazionale dei giovani della Coldiretti Veronica Barbati nel sottolineare che “occorre ora sostenere il sogno imprenditoriale di una parte importante della nostra generazione che mai come adesso vuole investire il proprio futuro nelle campagne, abbattendo gli ostacoli burocratici che troppo spesso si frappongono”. La burocrazia – conclude la Coldiretti – sottrae fino a 100 giorni all’anno al lavoro in azienda ma, soprattutto, con l’inefficienza, frena l’avvio di nuove attività di impresa contrastando anche le opportunità che possono generarsi attraverso i Bandi del Programmi di sviluppo rurale (Psr)”.