I neutrini prodotti nel Sole possono interagire con i nuclei degli atomi di xenon del bersaglio di XENONnT tramite un processo chiamato diffusione elastica coerente neutrino-nucleo (CEnNS). Questo processo, compreso dal modello standard e previsto nel 1974, era stato però misurato per la prima volta solo nel 2017, a causa dei rinculi a energia molto bassa e della natura sfuggente dei neutrini, grazie all’esperimento COHERENT che aveva osservato i neutrini ad alta energia prodotti dalla Spallation Neutron Source a Oak Ridge, in Tennessee. Il risultato ottenuto ora da XENONnT segna dunque la prima misura del processo CEnNS realizzata osservando neutrini di origine astrofisica, in particolare prodotti nei processi che avvengono nel nucleo del Sole e che coinvolgono l’elemento del boro. XENONnT, il cui obiettivo scientifico è la ricerca della materia oscura, si aggiunge così alla lista degli esperimenti in grado di osservare i neutrini solari, che tipicamente sono rivelatori di masse da 10 a 500 volte più grandi.
L’analisi si è basata sui dati raccolti da XENONnT in un periodo di due anni, dal 7 luglio 2021 all’8 agosto 2023, che equivale a un’esposizione totale di circa 3,5 tonnellate-anno. Con esposizione si intende la quantità di materiale che viene utilizzato per osservare le particelle e la durata della presa dati: per farsi un’idea, è un po’ come avviene nell’attività della pesca, dove si considerano la dimensione della rete e il tempo che bisogna lasciarla in mare per catturare i pesci. L’analisi ha mostrato un eccesso di eventi di rinculo nucleare a bassa energia rispetto al fondo previsto, compatibile con un segnale prodotto dalle interazioni dei neutrini solari di boro-8. Il segnale rivelato ha una significatività statistica di 2,7 sigma, che corrisponde a una probabilità di circa lo 0,35% che esso non sia reale, ma dovuto al fondo.
Da tempo si prevede che i neutrini solari possano essere misurati tramite i rivelatori costruiti per cercare segnali di particelle candidate a costituire la materia oscura, quando questi rivelatori raggiungono esposizione e sensibilità sufficienti. La sensibilità rappresenta la capacità di un rivelatore di osservare anche le particelle più sfuggenti: proseguendo con la metafora della pesca, è un po’ come una rete a maglie molto fini dove anche i pesci più piccoli rimangono imbrigliati.
I professori Carla Macolino e Alfredo Davide Ferella, del Dipartimento di Scienze Fisiche e Chimiche dell’Università degli studi dell’Aquila, sono componenti storici della collaborazione sperimentale. Il gruppo è piuttosto attivo e dinamico e lavora in collaborazione con i ricercatori del laboratorio del Gran Sasso; è formato da dodici ricercatori, fra personale ricercatore, dottorandi e laureandi e gioca un ruolo centrale nell’analisi dati dell’esperimento. È inoltre impegnato in attività di ricerca e sviluppo su nuove tecnologie da utilizzare in rivelatori futuri e ancora più sensibili di XENONnT.