Pescara. Il campo di battaglia è l’Aeroporto d’Abruzzo e la guerra la stanno combattendo i tassisti di Pescara contro i colleghi di Chieti. I due eserciti che la combattono sono differenti per consistenza: da un lato i 15 tassisti di Chieti, dall’altro il più nutrito gruppo dei 40 di Pescara. Ad accendere i riflettori sullo scontro a suon di minacce e intralci per accaparrarsi i clienti è una servizio de “Le Iene” andato in onda nei mesi scorsi nella nota trasmissione Mediaset, che denuncia l’alto stato di tensione a cui ha assistito un turista appena atterrato nella nostra regione.
” ll ‘casus belli’ è semplice quanto estremamente difficile da sbrogliare”, scrive Alessandro Barcella, “chi ha diritto di lavorare e di caricare clienti all’aeroporto? In realtà basterebbe rispettare una norma che esiste, ma siamo in Italia e si sa come vanno a finire queste cose”.
E’ l’articolo 14 del decreto legislativo 422/97, a dettare infatti le regole sul trasporto pubblico locale: per i collegamenti con gli aeroporti aperti al traffico aereo civile, ferme restando le competenze degli enti gestori, sono autorizzati ad effettuare servizio di piazza i titolari di licenze per servizio di taxi dei comuni capoluogo di Regione e di Provincia, nonché del Comune o dei Comuni nel cui ambito territoriale l’aeroporto ricade.
“E, stando a quanto ci risulta al momento, Chieti è ancora un capoluogo di Provincia”, continua Barcella de Le Iene, “e dunque i tassisti hanno pieno diritto di lavorarvi. Semplice allora! Per niente, perché da anni si chiede alla Regione Abruzzo di esprimersi in modo ufficiale una volta per tutte, ma un regolamento che faccia finalmente luce non è mai arrivato”.
E la guerra allora continua, anzi divampa. “I pescaresi, come nel Far West, pretendono di lavorare da soli, e cacciano in malo modo e talora malmenando i colleghi di Chieti – scrivono in una lettera pubblica i teatini. Anni fa tra i due gruppi ci sono state risse, liti con denunce, feriti e ricoveri in ospedale. Qualcuno intervenga, affinché non ci scappi il morto”.
“Anche Chieti, dal canto suo”, conclude Alessandro Barcella, “non contribuisce certo a rasserenare i toni. Anzi. Il Comune infatti indice una conferenza dei servizi per porre fine a questa guerra, ma l’accordo non arriva. I teatini chiedono di poter ufficialmente operare, i pescaresi avanzano la proposta che questi lo possano fare ma solo su chiamata diretta del cliente. E Chieti allora cosa decide di fare? Si autoregolamenta, e annuncia: i nostri taxi entreranno in aeroporto! Le conseguenze? La guerra si riaccende più violenta di prima, e continuano le quotidiane scaramucce cui i turisti sono costretti ad assistere. Già, perché come sempre in tutte le guerre, le prime vittime sono i civili. ”