Pescara. “Abbiamo tanti poli urbanistici nella nostra città che potremmo sviluppare e mettere in relazione fra loro,ma il Governo di città sembra interessato solo alla politica dei “costruttori”, alla politica “del fare”.
Abbiamo il Fiume Pescara ma non si percepisce; abbiamo molte aree verdi, 2 riserve protette e 86 parchi e
giardini eppure mancano le vie verdi e i corridoi ecologici; abbiamo grandi zone dismesse pubbliche
abbandonate, come ex COFA ed ex FEA, e, infine, c’è il mare con la lunga spiaggia sabbiosa costretto nel
cemento.
Siamo come “una città senza la città”, un insieme di “luoghi” che non parlano e non comunicano fra loro,
un grande “non luogo”. E’ dovuto arrivare il Consiglio di Stato per dire al Governo di Città che non si può
continuare a cementificare selvaggiamente, e andando in deroga anche al Piano Regolatore Comunale, con
delibere di Consiglio. Giustamente è stata definita la vittoria di “Davide contro Golia” perché il Consiglio
di Stato ha dato ragione a 2 privati cittadini che hanno “combattuto” in sede di ricorso contro la ditta
costruttrice, sostenuta dal Comune di Pescara e dall’ANCE.
La sentenza non solo ha annullato il permesso di costruire il palazzone in Via Oberdan ma ha dichiarato
“illegittima” la Delibera di Consiglio Comunale n. 20, del 9 marzo 2023, confermando la sentenza del TAR
a cui aveva fatto ricorso l’associazione di Italia Nostra. Si legge nel dispositivo del Consiglio di Stato. “il Comune ha esteso la portata delle misure premiali a gran parte del suo territorio senza motivare specificamente le proprie determinazioni circa l’esistenza dei presupposti di fatto e di diritto (in particolare della rigenerazione urbana o della razionalizzazione del patrimonio edilizio) e delle specifiche circostanze e caratteristiche dei luoghi cui i benefici in termini di ampliamento volumetrico, comunque eccezionali, avrebbero dovuto essere collegati e, dunque, in violazione dell’art. 5 comma 9 del d.l. n. 70/2011, come rilevato dal Tar”. Il TAR ha scritto: “Il risparmio del suolo non può essere strumentalmente come se fosse un obiettivo avulso dagli altri, al solo fine di generalizzare premi di volumetria in deroga e a pioggia”.
Ricordiamo che il “Sacco di Pescara” parte da lontano, dalla Delibera di Consiglio Comunale che sotto il
governo Alessandrini (centro-sinistra) recepì il Decreto Sviluppo, senza adattarlo agli ambiti territoriali
(Piano Regolatore). Per esattezza il Comune poteva non recepire l’ulteriore aumento di volumetria inserito
dalla legge regionale che, con gli incentivi vari, permette un aumento della cubatura fino al 60%. A
peggiorare la situazione, senza vergogna, con il governo Masci passa in Consiglio Comunale la Delibera n.
20 che permettere l’applicazione di detta legge anche alla Riviera di Pescara, in deroga al Piano Regolatore.
In pratica sono vanificati i buoni propositi del Decreto Sviluppo, naufragati nel mare oscuro della
speculazione edilizia non essendo stati pianificati e mappati adeguatamente su Pescara e si è persa la
possibilità di migliorare le aree periferiche mentre si permette di svilire le aree residenziali. Con la sentenza
del Consiglio di Stato abbiamo la possibilità di risanare questo malcostume urbanistico.
Cosa farà il Comune di Pescara? Una nuova delibera Comunale? Una toppa sulla toppa. Ci vorrebbe uno
studio serio per capire, indicare e motivare cosa abbattere e cosa mantenere. Il nostro patrimonio
urbanistico ha principalmente due ordini di problemi: uno è di ordine statico, vale a dire da un punto di
vista sismico bisognerebbe fare degli adeguamenti, l’altro è energetico, i palazzi vanno ristrutturati da un
punto di vista di efficientamento energetico. Bisognerebbe avere una mappa delle aree periferiche degradate, da riqualificare. Specificare e chiarire in modo univoco cosa significa rigenerazione e/o riqualificazione, urbana e cosa s’intende per quartieri e/o palazzi degradati.”