L’Aquila. “La città sembra dormire tra le sue macerie. Mancano i fondi e quindi l’affare non e’ piu’ vantaggioso, e dove non c’e’ profitto la mafia lascia il campo libero”. Cosi’ il sostituto procuratore nazionale antimafia, Olga Capasso, in un passaggio della sua relazione annuale dedicata alle infiltrazioni della criminalita’ organizzata nelle opere di ricostruzione in Abruzzo. Il periodo preso a riferimento va dal primo luglio 2012 al 30 giugno 2013. Per il magistrato, che era stato anche applicato per un periodo alla Procura aquilana proprio per seguire le dinamiche del post sisma, “il problema delle infiltrazioni mafiose negli appalti per la ricostruzione in Abruzzo si e’ congelato. Le imprese colluse con la criminalita’ meridionale, ormai radicatasi anche in alcune regioni del nord, se ne sono andate dall’Abruzzo dopo aver imperversato per il primo anno dopo il terremoto del 2009 aggiudicandosi appalti vantaggiosi. Infatti l’Aquila non e’ stata piu’ ricostruita, i cantieri hanno chiuso senza che se ne aprissero altri, ad eccezione della ristrutturazione dei condomini privati. Certo – osserva – sulla fuga delle imprese ha contribuito anche l’attivita’ della prefettura di L’Aquila, della locale Procura della Repubblica e della Direzione Nazionale Antimafia, la prefettura con le interdittive antimafia, la Procura con le misure di prevenzione patrimoniale e la Direzione Nazionale con attivita’ d’impulso per le stesse misure soprattutto presso le Procure della Lombardia e dell’Emilia Romagna ove hanno per lo piu’ sede le imprese sospette. Tra successi ed insuccessi, per la difficolta’ – attesa la segretezza delle indagini – di dimostrare l’attualita’ dei collegamenti con la mafia, non poche interdittive hanno trovato conferma al Consiglio di Stato e molte sono state le attivita’ d’impulso promosse dalla Dna per le misure di prevenzione.