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Istituto Superiore Sanità: captazione acqua potabile incompatibile con attività laboratori

Redazione Centrale di Redazione Centrale
29 Dicembre 2016
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Teramo. “La lettera dell’Istituto Superiore di Sanità che nel 2013 certificava l’incompatibilità tra captazione delle acque ad usi idropotabili e attività dei Laboratori di Fisica Nucleare da un lato conferma tutti i nostri timori ma dall’altro getta una luce sinistra su quanto hanno fatto o, meglio, non hanno fatto e non stanno facendo gli enti pubblici abruzzesi” così il Forum abruzzese dei Movimenti dell’Acqua sullo scoop del giornale online Primadanoi.it che ha pubblicato un documento ufficiale del massimo organo scientifico di riferimento dello Stato per la Sanità pubblica. Nel documento si conferma senza giri di parole che i laboratori e i suoi esperimenti attuali non sono compatibili con la captazione ad uso idropotabile secondo le leggi esistenti, in particolare il comma 3 dell’Art.94 del D.lgs.152/2006 che impone una Zona di Tutela Assoluta attorno ai punti di captazione (così recita “3. La zona di tutela assoluta è costituita dall’area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni: essa, in caso di acque sotterranee e, ove possibile, per le acque superficiali, deve avere un’estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e dev’essere adibita esclusivamente a opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio.”). Di conseguenza ben 180 litri al secondo (80 dalla captazione e 100 dalle acque di stillicidio delle camere) di acqua di uno dei più importanti acquiferi d’Europa oggi non possono essere utilizzati per soddisfare un bisogno primario dei cittadini abruzzesi.

Costi ambientali e sociali che devono essere resi espliciti visto che ora lo stesso acquedotto del Ruzzo annuncia di adire alle vie legali per vedersi riconosciuti dai Laboratori i costi aggiuntivi della potabilizzazione (secondo le dichiarazioni rese alla stampa oltre un milione di euro l’anno), con la distribuzione ai cittadini di acqua potabilizzata dal fiume Vomano al posto di quella delle sorgenti. Alla preoccupazione sull’acqua captata a scopi idropotabili si aggiunge quella relativa allo stato di sicurezza del patrimonio idrico del Gran Sasso nella sua globalità, come enorme risorsa ambientale per il nostro territorio, dichiarato Parco Nazionale. Bisogna partire dalla consapevolezza che oggi i Laboratori di Fisica Nucleare sono classificati ufficialmente come Impianto a Rischio di Incidente Rilevante in base alla direttiva Seveso. Non è un gioco, si tratta di una questione estremamente seria che, per dire, comprende la redazione e pubblicizzazione di un Piano di Emergenza Esterna rivolto alla popolazione. Un documento che dovrebbe essere conosciuto a menadito in caso di incidente serio per sapere come comportarsi. Tra l’altro aspettiamo dalla Prefettura di L’Aquila, competente per le vicende che attengono alla sicurezza dei Laboratori per la Direttiva Seveso, l’ok per l’accesso agli atti che abbiamo richiesto, visto che stanno emergendo nelle vidende degli ultimi mesi (Diclorometano e Cloroformio nell’acqua) lacune importanti anche sull’attuazione del Piano, a partire dalla funzionalità delle apparecchiature di emergenza. Tutti questi problemi derivano dall’aver deciso di svolgere dentro una montagna piena d’acqua esperimenti che utilizzano migliaia di tonnellate di sostanze pericolose (dalla nafta pesante all’1,2,4 trimetil benzene). A nostro avviso questa tipologia di esperimenti è inconciliabile con un ambiente così vulnerabile e delicato e con i diritti dei cittadini, a partire da quello alla sicurezza. In ogni caso è intollerabile che siano la stampa o gli attivisti del Forum H2O a divulgare e interpretare correttamente informazioni e documenti basilari per la sicurezza che dovrebbero essere resi pubblici da tempo sui siti WEB istituzionali. È ora di finirla con sterili dichiarazioni, come quelle del vicepresidente della Regione Lolli, che cercano solo di mettere la polvere sotto al tappeto senza chiarire nulla.

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