Pescara. A due giorni dalla giornata mondiale per l’aborto sicuro il collettivo femminista Zona Fucsia di Pescara esprime forte indignazione di fronte alle “disdicevoli percentuali in Abruzzo circa le obiezioni di coscienza delle interruzioni volontarie di gravidanza chirurgiche e farmacologiche con la RU486”, ricordando che si va da una media del 75% di obiettori nella Asl dell’Aquila al 90% delle Asl di Pescara e Chieti.
“Il partito di Giorgia Meloni e tutta la destra hanno tentato diverse volte di ostacolare gli aborti nella nostra regione – afferma in una nota Benedetta La Penna, una portavoce del Collettivo – attraverso la strumentalizzazione dello stigma che l’aborto ha ancora nella nostra società, proponendo ‘foreste di bambini mai nati’, esigui premi economici alle donne che decidono di non effettuare più l’IVG e ‘cimiteri dei feti'”.
“Con le ultime elezioni, il cui ago della bilancia si è spostato vertiginosamente a destra – prosegue La Penna – rimane sempre più difficile tutelare i diritti che le lotte femministe e delle minoranze hanno faticosamente acquisito con decenni di lotta”. La nota del Collettivo definisce poi allarmante il fatto che Fratelli d’Italia abbia proposto “nelle Asl della Liguria l’inserimento di sportelli gestiti dalle associazioni che si professano pro-vita ma che sono, di fatto, anti-scelta”. “È ora di dire basta a questo ostruzionismo. Il Collettivo si impegnerà, insieme a tutte le forze politiche, a favore dell’autodeterminazione delle donne e delle minoranze, a contrastare fortemente questo attacco verso la nostra libertà di scelta”.
INTERRUZIONE DI GRAVIDANZA, MARCOZZI: “REGIONE ABRUZZO TUTELI IL DIRITTO DELLE DONNE NEL RISPETTO DELLA LEGGE NAZIONALE. CHIEDERÒ CHIAREZZA IN CONSIGLIO REGIONALE”
“I numeri che leggiamo dalle agenzie di stampa sui medici obiettori, e le linee di indirizzo fissate da Regione Abruzzo nel 2021, rischiano di mettere ostacoli al diritto delle donne di decidere liberamente l’interruzione di gravidanza. Invece di seguire pedissequamente la legge e le linee di indirizzo del Ministero della Salute, che prevede la somministrazione del farmaco Ru486 anche nei consultori, nel nostro territorio ci si è continuati a nascondere dietro alla formula della forte raccomandazione di somministrazione in ambito ospedaliero. Invece di intervenire per garantire che ogni struttura lavori secondo le prescrizioni di legge, si sono sempre cercate scappatoie inaccettabili. Per avere tutte le informazioni del caso e consentire alla Giunta regionale di spiegare le proprie linee di intervento per il futuro, porterò il caso in Consiglio così da fare chiarezza una volta per tutte”.
Ad affermarlo è la Consigliera regionale e Presidente della Commissione d’inchiesta sull’Emergenza Idrica in Abruzzo Sara Marcozzi, che prosegue: “Le percentuali di medici obiettori che leggiamo dalle agenzie di stampa devono farci riflettere: nella Asl di Pescara e di Chieti si supera il 90%, in quella di Teramo si arriva all’80%, all’Aquila il 75%. Numeri che devono farci riflettere e che dovrebbero attivare la Giunta regionale. Un Sistema Sanitario regionale vicino alle esigenze delle donne dovrebbe pensare a proteggerle, ad allargare gli strumenti a garanzia dei loro diritti e non mettere ostacoli. C’era già stato un tentativo, un anno fa, di istituire una legge regionale sui bimbi mai nati con cui la Asl si sarebbe sostituita alla volontà dei genitori, scavalcandoli nella decisione se procedere o meno alla sepoltura di un feto di età inferiore alle 28 settimane. Il tutto ignorando completamente il dolore e il tormento che possono esserci alle spalle di una scelta come questa per una donna. Mi sono messa personalmente di traverso a quel progetto di legge, tanto che perfino la Commissione regionale Pari Opportunità ha dato parere negativo perché illegittima e incostituzionale. Mi auguro che non ci siano altre sveltine su questa linea da parte della Giunta”.
“Alcuni reportage sulla stampa che abbiamo letto nei giorni scorsi sul tema aborto in Abruzzo raccontano di situazioni molto complicate. Su questa materia prevale la normativa nazionale su quella regionale, quindi la sola cosa che deve essere fatta è rispettare le prescrizioni dello Stato. E se i consultori sono tra le strutture autorizzate a somministrare la Ru486, devono essere attrezzati di conseguenza. Mi auguro che arrivi chiarezza in Consiglio regionale”, conclude Marcozzi.